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Visualizzazione dei post da gennaio, 2018

Beethoven e il classico ideologico

In  Beethoven  l’amore per l’equilibrio formale e per la simmetria si esprime attraverso l’intenzione dell'equilibrio formale e della simmetria (nel senso di  intenzionalità  di  Brentano ): tale intenzione presiede l'ispirazione con una intensità tale da potersi definire ideologica. Nella  forma sonata  delle  sinfonie beethoveniane , la simmetria, prima sparsa ( esposizione ) e poi riagguantata con forza ( sviluppo  e  ripresa ) assume la valenza di architrave di una perfezione che si potrebbe definire quadrata, intesa cioè quale espressione di moralità e bellezza insieme, secondo un ideale  schilleriano  (le  anime belle , virtuose per istinto). E', mi sembra, ciò che  Jankelevitch , contrapponendo questo mondo a quello di  Debussy , ha chiamato “la ragione degli avvocati”, la  dialettica  ideologica di tesi-antitesi-sintesi mirante a giustificare – in modo  hegeliano  (Carl Dahlhaus, in Analisi musicale e giudizio estetico , Bologna, 1987, p. 17, tit. orig. Ana

Gli scarti del tempo

La funzione del rubato in Michelangeli è quella di far spazio alla bellezza del suono mettendo in secondo piano la (presunta) struttura del brano, cioè quella forma logica che al secondo ascolto, e poi via via, rischia di stancarci come un romanzo già letto. Mentre invece il piacere del suono, mai pago di sé, può rinnovarsi ad ogni ascolto.

Michelangeli, Karajan e il suono

Senz'altra ragione che il suono, Michelangeli interpreta Mozart magistralmente. Mi fa venire in mente Karajan , per il quale sembrava che i diversi autori e i diversi brani che eseguiva con la sua orchestra filarmonica di Berlino fossero meri pretesti per dispiegare la bellezza sonora, o meglio fossero diverse manifestazioni nella realtà di una medesima, ideale, bellezza sonora. Come se il suono fosse il motore immobile dal quale si dipartono le diverse traduzioni fenomeniche della bellezza stessa.

Il secondo movimento della settima sinfonia di Beethoven

Ritengo che il secondo movimento della settima sinfonia di Beethoven  sia uno dei più bei brani non solo tra quelli scritti da Beethoven , ma da tutti i compositori di tutti i tempi. L’interpretazione di Bernstein  ( https://www.youtube.com/watch?v=J12zprD7V1k ) rivela un sentimento”centrato” del brano. Ancora una volta il fraseggio viene lasciato privo di scelte interpretative forti le quali si concentrano invece sulla dinamica e soprattutto sul colore intenso e caldo del suono. E’ grazie a questo colore che l’interpretazione prende vita e forma, ed essa rispecchia il più interiore sentimento del brano e – per esso – della vita.

Il concerto n. 21 di Mozart

Non amo veder distorto l'andamento del concerto n. 21 di Mozart , compresso fino all'inverosimile nei suoi movimenti laterali, come fa Brendel nella sua interpretazione . Se è vero che Brendel si rifà allo stile di Kempff , perché non andarsi a risentire la sua (di Kempff) magistrale interpretazione dello stesso concerto con Bernhard Klee sul podio? Quella è una meravigliosa impostazione teatrale del concerto, in uno stile fintamente dilettantesco, come prevedono molti concerti di Mozart. Questa di Brendel è una esecuzione di cui fatico a cogliere il senso ed ancor più l'animo.

Le quattro fasi nello stile interpretativo-direttoriale di Leonard Bernstein

Ci sono a mio avviso quattro fasi nello stile interpretativo direttoriale di Leonard Bernstein.  La prima è sorprendentemente formale, ingessata. Per chi, come me, ha conosciuto prima la terza fase (il fulgore), ascoltare le prime esecuzioni di Bernstein stupisce. Precisione, eleganza, ma rigidità e scarso pathos.  La seconda fase, in cui l'espressività interpretativa viene come liberata, costituisce un capovolgimento di prospettiva: l’estremo opposto, fisicità, sensualità, esaltazione, energia. Prevale l’aspetto dionisiaco nella sua variante massima. Le prime sinfonie di Mahler degli anni ’60 (UNITEL DVD) rivelano uno scarto tra l’evidenza di una musica ostica e l’esaltazione massima con cui essa viene eseguita come se si trattasse della cosa più spontanea e gioiosa del mondo.  La terza fase, a mio avviso quella d’oro, compendia in una mistura irripetibile le prime due, ed è esemplificata magnificamente dal Fidelio live del ’78 (DVD) e dal ciclo “Bernstein dirige

I primi due movimenti della sesta sinfonia, Patetica, di Ciaikovsky

Il primo movimento presenta una struttura molto chiara. Vi è una introduzione lenta con relativo tema dal carattere cupo. Segue un tema lirico di grande respiro, che viene interrotto da una drammatica sezione centrale. Nel finale viene ripreso il tema lirico che però lascia il posto ad una coda dal sublime fascino melodico, composta da un motivo ascendente e da un accompagnamento discendente. Siamo di fronte a un piano esistenziale, quasi ad un programma. E’ evidente l’atmosfera carica di oscuri presagi dell’inizio: essa simboleggia un magma vitale e mortale al tempo stesso, dal quale si staglia un canto d’amore via via presentato in modo sempre più travolgente dai vari strumenti. Come spesso accade nelle composizioni di Tchaikovsky, l’ebbrezza del sentimento incontra un destino tragico (v. sezione centrale). Il finale, anziché essere simbolo di morte, presenta una melodia di speranza che riassume in sé la commozione del tema amoroso e la mestizia della cupa introduzione. Il

Il suono quale vettore principale di interpretazione

Michelangeli e il concerto n. 20 di Mozart . Nel secondo movimento , il (micro) rubato è funzionale allo scardinamento della struttura formale, per porre l'attenzione non sulla scansione ritmica e sulla regolarità agogica , ma sul suono quale vettore di interpretazione. Nel terzo movimento , poiché, dato il veloce andamento ben ritmato, tale strumento interpretativo (il micro-rubato) è interdetto, Michelangeli usa un suono doppiamente distante, non solo spazialmente, ma anche temporalmente. Un Mozart suonato dall'ottocento. Una doppia distanza che stabilisce un fascino del ricordo e dell'oblio. Tralascio il commento del primo movimento , perché è così celebre che fatico a distogliere la mente dalle incrostazioni date dai cliché di tutte le interpretazioni del mondo.

Due vie a partire da Mahler

Gustav Mahler è un compositore tardoromantico e, come tale, sperimenta su di sé i limiti del sistema tonale, giunto a cavallo tra i due secoli ad un tale livello di ipertrofia cromatica da far pensare ad un esaurimento delle sue possibilità. Cromatismo è il procedimento compositivo che va per scale di semitoni, dette appunto cromatiche, e che ha quindi una forza centrifuga rispetto al centro tonale, caposaldo della musica dell’Occidente. Questo progressivo allontanarsi dal centro tonale e dalle cadenze armoniche classiche giunge con Mahler ad un punto culminante. Dopo di lui erano dunque possibili (almeno) due strade: quella tecnica, che affronta il problema dell’agonia del sistema armonico basato sulla tonalità, dandogli una soluzione radicalmente innovativa (Schoenberg); quella temperamentale - se è lecito chiamarla così - la quale fa affidamento alla vena romantica di Mahler e la fa rivivere, fermando l”emorragia” cromatica, adottando cioè uno stile anche più tradiz

L’ultimo movimento della quarta sinfonia di Mahler

Mai un movimento ha detto tutto da solo quanto questo: magie, boschi e laghi incantati, corni magici del fanciullo, ghiottonerie, innocenza di un tempo, patire la fame e rifarsi in paradiso, la musica celeste che converrebbe far ascoltare al nostro funerale, i poveri e il loro riscatto, il grottesco, la negativa del mondo, il mondo alla rovescia, la possibilità di riscatto, la musica di Mahler che abbraccia i derelitti che sono travolti dal corso del mondo (come afferma Principe), la possibilità di salvezza, il paradiso, la vita eterna, l’ingenua melodia del clarinetto che apre una musica di scena mai inserita in un’opera, ma che secondo alcuni richiama un passo di Wagner, la meraviglia celeste cantata da una soave voce di soprano, a volte direttamente da una voce bianca, l’impossibilità di spingersi oltre nel mare di dolce e malinconica estasi e sofferenza. E molto, molto altro.

Uomo e natura in Bruckner e Mahler

Le somiglianze: sono contemporanei, tardoromantici, prediligono il sinfonismo con brani di lunga durata e organico orchestrale vastissimo. Mahler scrive in forma sinfonica la storia del mondo, Bruckner solamente la storia della natura. Mancano completamente gli spunti umani, drammatici e tragici nella sua musica che è esclusivamente naturale. Espressione di un mondo fatato, sublime o terribile, ma in cui l’uomo non rispecchia sé stesso e le sue tragedie, come invece avviene in Mahler in cui invece è prevalente l’elemento umano e drammatico, e la natura rappresenta una parentesi tanto idilliaca quanto dolorosa perché ricorda – per contrasto – la tragicità delle vicende umane (vedi p. es. il II movimento della III).

La seconda sinfonia di Beethoven

La II di Beethoven (Bernstein ’82). Ecco l’esempio di una sinfonia solitamente eseguita in modo manieristicamente settecentesco e ritenuta – come altre sinfonie “pari” – debole sotto il profilo beethoveniano, che ritrova invece in questa esecuzione una dimensione grandiosa e di una paradigmatica tragicità. L’ambivalenza di questa sinfonia, sospesa tra equilibrio ed eccessi, tra sobrietà e magniloquenza, la rende soggetta alle interpretazioni più divergenti. L’idea di Gould era che la bellezza di questa, come di altre sinfonie pari, risiedesse proprio nel non essere troppo beethoveniana, dove con tale aggettivo il pianista canadese intendeva quell’atteggiamento apodittico del Beethoven del cosiddetto “periodo di mezzo”, in cui a Beethoven premeva di dimostrare precisamente il fatto che era Beethoven. Modo di dire a parte, l’aspetto dimostrativo di Beethoven, che è proprio del cosiddetto periodo di mezzo, è qualche cosa di molto complesso e comporta, attraverso la forma sonata

Le fanfare mahleriane

Le fanfare mahleriane e la questione del volgare in musica. Di marce e fanfare è piena la musica di Mahler, tanto che è un topos dire che egli attinge molta della sua ispirazione al mondo della musica triviale , accostandola alla musica aulica . Ma è come interpretiamo questo accostamento a fare la differenza nel grado di comprensione della sua musica. Se ci limitiamo a dire che tale accostamento del triviale all’aulico è provocatorio, non avremo svelato granché, ma almeno non avremo detto un’aberrazione. I problemi cominciano quando si definisce tale accostamento, come ha fatto molta critica, “ironico”, o “sarcastico” e qui si apre la questione dell’ironia in musica. Dubbi simili agitarono Glenn Gould e Leonard Bernstein, il primo lasciando aperta la questione, il secondo propendendo per la risposta negativa (quando dice che, componendo, uno non può che essere se stesso, si deduce che quell’uno non può essere qualcun altro in cui non crede, e di qui viene a cadere l’ironia ch

Il sogno del futuro

Nonostante il fatto che vi sono somiglianze tra il motivo e il “clima” del II movimento della III di Brahms e il II tema del I movimento della V di Mahler , le differenze sono più importanti. Nel chiaroscuro, nel gioco in controluce si rivelano cose molto importanti. Mentre in Brahms il II movimento della III entra a pieno titolo a far parte dell’atmosfera del romanticismo, in Mahler quel brano fa parte già di una reminiscenza di un romanticismo che fu. Ciò perché il clima nel quale si svolge quella musica (e quel motivo all’interno di quel brano) è già la spettrale anticipazione del clima espressionista. V’è il sogno del futuro, ma esso è trasfigurato in modo poco accomodante (motivi suonati dalle trombe e dagli ottoni in generale). Si ritrova un pathos intenso e puro, in tutte le sinfonie di Mahler. Ma mentre nei movimenti lenti della VII e dell’VIII, per esempio, la pausa nella battaglia sinfonica (che simboleggia la battaglia nella vita) permette al compositore di concedersi u

L'incipit della prima sinfonia di Mahler quale apertura di una nuova era

Il movimento di apertura della Prima Sinfonia di Mahler dovrebbe risuonare, stando al programma del compositore, come il principio positivo-tranquillo-meccanico della natura, vitale e con un quid di automatizzato, in stile positivista (il tema a cucù fa pensare più al fischio trionfante e impertinente della locomotiva a vapore - simbolo positivista par excellence - che ad un imprevedibile guizzo del creato). I primi due movimenti, in particolare, contrapponendosi agli ultimi due, assai dolenti nel tono, avrebbero dovuto rappresentare l’inarrestabile corso della natura, inteso come principio vitale che non può non fare da sfondo anche alle più drammatiche fra le umane vicende. Tale sfondo naturale idilliaco, proprio per questo in stridente contrasto con l’umanità affranta dipinta da Mahler, comparirà anche nei quadri di vita dolente che costituiscono il ciclo Das Lied von der Erde . Nonostante le intenzioni del compositore puntassero dunque, nella Prima Sinfonia , ad un incip

Gould e dintorni (1996)

GOULD E DINTORNI (Saggio sul pianista canadese Glenn Gould ) Nel 1982 un ictus strappava al mondo uno di quei musicisti e intellettuali di cui si può dire in tutta tranquillità, senza incorrere in alcun rischio di retorica, che non sarà mai abbastanza compianto. Sia chiaro subito che nel presente, breve tentativo di delineare alcune caratteristiche umane, musicali e intellettuali del grande pianista torontese, rifuggiremo dalla discussione, del tutto superficiale, della sua “stravaganza” esteriore, cui pure molti appassionati (appassionati del personaggio creato dalle case discografiche e dai media , più che della musica) si abbeverano. Nulla ci importa, per principio, della sua sedia bassa e rotta, come anche del suo abbigliamento invernale portato in sale iper-riscaldate, e simili amenità, poiché, caso mai, per chi fosse alla ricerca di stranezze, ben più scalpore avrebbe dovuto destare, a rigor di logica, un altro fatto, molto importante: il buio sulla sua vita pr