Aura mitica 2

Nel precedente post avevo scritto di come Rampal avesse la capacità di "intersezione", da me descritta in precedenti saggi di filosofia della musica. Tale capacità è assolutamente unica nel suo genere e identifica non solo un virtuoso di grandezza immensa, ma anche un artista veramente grande. Si tratta della capacità di unire alla perfetta realizzazione della propria ideale visione della bellezza poetica di un brano, la capacità di fare rivivere, poetizzandoli, il luogo, il pubblico e il tempo in cui si è svolta l'esecuzione stessa. Non avrò quindi solo la percezione dell'opera che viene eseguita, ma anche quella di quel particolare evento concertistico in cui quell'opera è stata eseguita.

P.S.: nonostante la somiglianza lessicale e una certa assonanza concettuale, non c'entra - la qui descritta "aura mitica", o "intersezione"- con il concetto di aura descritto da Walter Benjamin nel suo celebre saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, 2012-2019, Donzelli editore, Roma, p. 78 e passim (Tit. Orig. : Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, 5 versioni scritte tra il 1935 e il 1940). Semmai si avvicina al suo significato contrario, ossia: è possibile non solo il mantenimento dell'aura benjaminiana nel disco, ma è anche possibile rivivere nell'ascolto il mondo perduto, ossia il momento e il luogo, l'ambiente in cui ebbe luogo l'esecuzione, se tale esecuzione, in particolare dal vivo, lo consente in quanto è dotata per la sua bellezza del potere qui definito come di intersezione.

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