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Concerti di Vivaldi per flauto e archi

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Quando certi luoghi del repertorio flautistico sono così visitati e quindi così abusati, occorre la freschezza delle origini, ossia delle prime interpretazioni del dopoguerra come queste, in seguito al successo delle quali quei luoghi divennero appunto troppo visitati e abusati. Qui Rampal, Veyron-Lacroix e Ristenpart restituiscono a Vivaldi quel fascino da giardino alla francese del '700 che nelle interpretazioni successive si è un po' perduto.  

Il miglior concerto in sol maggiore per flauto e orchestra di Mozart

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La migliore edizione, nel senso di interpretazione, del concerto in sol maggiore di Mozart per flauto e orchestra. È suonato "troppo bene" nel senso che (e sono consapevole della gravità dell'affermazione) i concerti di Mozart per flauto non meritano tanta importanza, impegno e attenzione. Sono brani leggeri, con i quali l'interprete, anziché avere un atteggiamento di devozione sacrale, dovrebbe prendersi tutte le libertà che vuole.  

Telemann Sturm und Drang

 Sonata per flauto e clavicembalo (orig. per flauto dritto e basso continuo) in fa minore TWV 41 :fis 1 (Getreue Musikmaister, n. 36). Che Rampal ha inciso in varie edizioni (v., p. es. con Veyron-Lacroix nel maggio 1960). Segnalo intersezione con il mese di maggio.

Un confronto tra due Rampal

 Concerto di Blavet per flauto e archi in La minore, secondo movimento. Nella versione del 1955 (Dir. Paillard, orch. Ensemble Instrumental Jean-Marie Leclair) abbiamo un fraseggio manierato, marmorizzato, miniaturizzato ( à la Michelangeli). L'edizione del 1970 (Dir. Paillard, orch. Paillard) presenta invece un fraseggio più sciolto, più orecchiabile. In particolare nell'edizione più risalente, vengono porti in appoggiatura i finali delle frasi, mentre nella seconda versione i finali delle frasi vengono eseguiti con fioriture libere, volte a "sciogliere" il battere. Si verifica qui quel processo di progressiva elusione metrica che Rampal prediligerà sempre di più nel corso della sua carriera, venendo a costituire una personale concezione del ritmo (notevole anche il fatto che simili differenze esecutivo-interpretative siano avallate dal medesimo direttore d'orchestra: forse è l'Ensemble Instrumental Jean-Marie Leclair ad essere più purista?). Comunque è pref

Impressionismo estrema propaggine del romanticismo?

 Nonostante tutte le "istruzioni" storicamente corrette ricevute in riferimento alle presunte due (o più) vie della storia della musica, in particolare del XIX secolo, diramantisi l'una dall'area germanica (romanticismo) e l'altra dall'area francese (impressionismo), ascoltando la sonata L. 137 di Debussy per flauto e arpa (Rampal, Laskine, 1962) viene da chiedersi: non è che invece l'impressionismo è l'ultima propaggine del romanticismo?

Rampal e il virtuosismo del suono, dello staccato, dei passaggi rapidi

Day Thorpe, critico musicale per il Washington Star , ha scritto: "...Il virtuosismo della tecnica nei passaggi rapidi <di Rampal> semplicemente non può essere indicato a parole ". Jean-Pierre Rampal - https://it.qaz.wiki/wiki/Jean-Pierre_Rampal.   Mi sembra che questa citazione renda al meglio il senso di incredulità che si manifesta all'ascolto di alcuni passaggi rapidi specialmente nella musica contemporanea, in cui si passa in una frazione di secondo da un capo all'altro del registro grave e di quello acuto con variazioni dinamiche e agogiche che - a quella velocità - parrebbero impossibili non solo da controllare, ma bensì perfino da concepire: mi riferisco in particolare (ma  - beninteso - non soltanto) ai brani per flauto e orchestra di Katchaturian, Jolivet, Ibert. Analogo accenno all'incredulità vale per lo staccato di Rampal, se si può definire così quella che sembra a certe velocità più che altro una diversa articolazione del legato, o meglio una

Suite in do minore di J.S. Bach, BWV 997 per flauto e clavicembalo (Rampal/Veyron-Lacroix, 1967)

 Nascosto sotto le mentite spoglie di un'innocente suite per liuto, si trova uno dei più tormentati e drammatici, lirici e profondi brani del tipo Sturm und Drang mai composti: a patto di abbandonare ogni fola pseudo-filologica legata all'uso degli strumenti d'epoca.

L'arte virtuosistica

L'arte virtuosistica consiste nella creazione del bello a partire dal suono e dall'agilità di fraseggio. Parte di questo procedimento comprende la velocità come elemento fondamentale. Un'altra parte di questo procedimento comprende una funzione superiore rispetto alla velocità che è l'agilità. In realtà la velocità è una funzione dell'agilità. L'agilità può agire su più piani, per esempio nel passaggio da un suono all'altro molto distanti tra loro come frequenza. L'agilità può intervenire anche come passaggio dal piano al forte e dal forte al piano, come cambiamento di timbro repentino. Con tale termine di agilità possiamo delineare e definire un'arte in grado di creare un oggetto-mondo. L'oggetto-mondo è in movimento e costituisce un universo esplorabile nelle sue varie parti.

Primo movimento del concerto per flauto e archi di Quantz in do minore, n. 108, QV 5:32

 Vi è quel brevissimo frammento di frase di una bellezza esasperante, quasi un motivo che esce allo scoperto per pochi istanti, con un effetto di sorpresa analogo a quello della spuma del mare che s'abbatte all'improvviso sugli scogli, ma che non viene sviluppato e che la parte del flauto solista non enuncia mai, e gli archi solo due volte, una all'inizio e l'altra alla fine del brano: una di quelle perfezioni in piccolo che da sole valgono tutta la musica, il mondo, la vita. L'incisione cui faccio riferimento si trova al CD n. 20  di Rampal, The Complete Erato Recordings , III 1970-1982 ed è stato registrata da Rampal nella Villa Simes il 22 e il 23 ottobre del 1982 a Piazzola sul Brenta.

Rampal e la contemporaneità

 Nella strepitosa interpretazione del concerto per flauto di khachaturian, rampal dimostra la scioltezza virtuosistica e l'energia dirompente della sua arte in un modo così adamantino da far pensare con dubbio alle sue interpretazioni di musica barocca come alla vera novità della sua arte, come asserito dalla maggior parte dei critici, giacché invece, o almeno parimenti, è la sua arte contemporanea, a mio avviso, ad aver lasciato maggiormente il segno nella storia dell'interpretazione.

Il cambio di pettinatura della donna amata

 Così come il cambio di pettinatura cambia il volto e quasi la personalità della donna amata, allo stesso modo nell'esecuzione della musica barocca dare un diverso valore metrico alle appoggiature definisce un'interpretazione completamente diversa del brano, secondo le scelte che vengono effettuate. Così, per esempio, nell'adagio del concerto in sol per flauto e archi di Pergolesi, dare una minore durata all'appoggiatura del mi sul fa diesis nella frase iniziale, come fa Rampal/Scimone 1976, rispetto a Rampal/Ristenpart 1963 (singolare il fatto che Rampal/Ristenpart 1955 faccia come Rampal/Scimone 1976), può dare un'aria maggiormente dinamica e forse meno rigorosa (ma più affascinante) all'intera prima frase e perciò, forse, all'intero brano. Tralasciamo pure il fatto che per il concerto in sol potrebbe trattarsi di uno pseudo-Pergolesi, altrimenti la ricerca della verità interpretativa potrebbe apparire sempre più faticosa e la stessa verità sempre più lont

Aura mitica

 Nell'aura mitica, tra le probabilmente più di 300 incisioni di Rampal, e tra le meno di 100 che ho potuto acquisire all'ascolto, metterei: sonata di Loeillet per flauto e chitarra e di Giuliani per flauto e chitarra (proprio quell'LP), concerto di Mercadante in mi minore (la registrazione con Scimone come direttore), adagio del concerto di Pergolesi in sol. In queste esecuzioni si verifica quella che in altri scritti ho definito "intersezione".

Prokofiev, Hindemith, Martinu: sonate per flauto e piano, Rampal - Lacroix 1956

 Esibizione muscolare di forza e quasi di ferocia virtuosistica, questa incisione di Rampal non si fa problemi di meditazione: lo slancio vi predomina. Tuttavia, inconsapevole, un'aura mitica la pervade. Singolare il fatto che 11 anni dopo, nella sonata di Prokofiev incisa da Rampal e Lacroix nel 1967, a una maggiore raffinatezza ed equilibrio dell'interpretazione non corrisponda altrettanta estasi.

Aura mitica 2

Nel precedente post avevo scritto di come Rampal avesse la capacità di "intersezione", da me descritta in precedenti saggi di filosofia della musica. Tale capacità è assolutamente unica nel suo genere e identifica non solo un virtuoso di grandezza immensa, ma anche un artista veramente grande. Si tratta della capacità di unire alla perfetta realizzazione della propria ideale visione della bellezza poetica di un brano, la capacità di fare rivivere, poetizzandoli, il luogo, il pubblico e il tempo in cui si è svolta l'esecuzione stessa. Non avrò quindi solo la percezione dell'opera che viene eseguita, ma anche quella di quel particolare evento concertistico in cui quell'opera è stata eseguita. P.S.: nonostante la somiglianza lessicale e una certa assonanza concettuale, non c'entra - la qui descritta "aura mitica", o "intersezione"- con il concetto di aura descritto da Walter Benjamin nel suo celebre saggio L'opera d'arte nell'epoca

Rampal/ Johann Stamitz concerto in do maggiore (III - Prestissimo)

Qui Rampal sparge virtuosismo con una generosità folle. La stessa cura dei dettagli diviene costituzionalmente impossibile perché viene travolta da una furia virtuosistica che rende indistinguibile l'errore dalla sprezzatura. Ed è soprattutto quest'ultima, insieme all'energia inesauribile e sempre proiettata in avanti, a costituire la cifra stilistica distintiva di questo interprete la cui agilità assoluta di fraseggio e l'imperitura, metafisica bellezza di suono sono un mistero anche per gli addetti ai lavori. 

Il mistero della cadenza del primo movimento del quinto concerto brandeburghese

Affascinante per parossismo e insistenza, irrazionale solo apparentemente, ma in realtà così ben costruita, concepita a blocchi e come per fasi successive: "Ora aggiungiamo questo, questo e quest'altro". Come una valigia che diviene talmente piena da rivelarsi magica, infinita, sproporzionata. Migliori le versioni di Veyron-Lacroix e Karl Richter rispetto a quelle (pur così diverse tra loro) di Gould e di Pinnock.

Abbado, l'orchestra e l'impegno.

Dal minuto 40 al minuto 43 di questo documentario, si vede quanto siano veritieri alcuni luoghi comuni "buonisti" su Abbado nel suo rapporto con l'orchestra... Mentre al minuto 37 un dissidio tra studenti e musicisti intellettuali: questi ultimi cercano di convincere i primi che la musica di Luigi Nono è più autentica della musica rock e pop. Una serie di concerti gratuiti il cui sviluppo anni dopo Pollini definirà, in un documentario a lui dedicato, una delusione. Un'epoca interessante che conteneva tante contraddizioni e tante pretese, forse troppe idee, molte delle quali confuse, mentre oggi il vuoto delle idee è la norma. https://www.youtube.com/watch?v=f4etOJ7Thag

Il primo quartetto di Schoenberg

Berg ha scritto pagine molto belle e molto tecniche su questo quartetto, io mi limiterò a rilevarne lo spirito, nel senso tedesco di Geist . Si obietterà che lo spirito non si disgiunge da forma e contenuto, ma io lo rivendico quale possibile vertice osservativo. Ebbene, il primo quartetto di Schoenberg aspira ad essere un quartetto beethoveniano. E vi riesce.