Mahler, Proust e il tempo discontinuo
Come
in Proust, la musica di Mahler porta alla ribalta un io passato,
incompatibile con l’io presente e quindi determinante un salto di
coscienza, a differenza che nella memoria involontaria di Bergson, in
cui la durata reale – il flusso di coscienza alla James – non viene
interrotta dal sopraggiungere del ricordo, pur pervasivo e
involontario.
In
Mahler si ha una discontinuità di stati dell’io, in quanto gli
stessi temi (parenti dei leitmotiv wagneriani),
quando si ripresentano, risultano inaspettatamente modificati. Come
se non fossero più loro: una persona dallo stesso aspetto e dalla
personalità completamente diversa.
La
musica di Mahler, è la continua evocazione di mondi perduti.
Inoltre, è significativo porre l'accento sulla prolissità della musica di Mahler, perché
nella sua musica, oltre a questo elemento proustiano di rimpianto per
passati mai vissuti, c'è un'altro elemento: la casa felice
e serena della musica perpetua.
Un'abitazione
di cristallo, dove la musica suona di continuo, e gli esecutori si
avvicendano in modo che la musica è infinita, e non smette mai, come
la vita, come la grande madre terra.
Come
spiegarsi altrimenti (rimpianto per il passato a parte), il dilatarsi
impressionante delle durate dei movimenti delle sinfonie, e l'aumento
anche del numero dei movimenti, rispetto anche solo a qualche
decennio prima?
Mahler (e con lui tutti i sinfonisti tardoromantici) era guidato anche da questo mito, oltre che da quello del dolore nella rievocazione del passato: la grande casa della musica dove la musica non
finisce mai.
Una
volta stabilita la discontinuità del fluire del tempo in Mahler,
restano da vedere le ragioni dei passaggi da uno stato d'animo a
un'altro.
Ogni
passaggio si configura sempre come un nuovo annullamento dell'io del
presente in favore di un altro io del passato, ma non c'è soluzione
di continuità nelle ragioni del passaggio da una qualità di dolore
vissuto a un'altra, quale si riscontra nei cambiamenti di ricordo,
corrispondenti al variare del momento melodico-musicale.
In
parole più semplici: Mahler ci pone di fronte a un variare continuo
di stati qualitativi di ricordo, di fronte cioè a un variare continuo
della qualità del ricordo.
Queste
variazioni corrispondono alle variazioni melodiche, al passaggio da
un momento all'altro del brano.
Ma
quali sono le ragioni che guidano il passaggio da uno stato d'animo
con una certa qualità di ricordo, a un altro stato d'animo corrispondente ad un'altra qualità di ricordo?
Nessun'altra
ragione che esplorare in tutta la sua vastità l'universo dei ricordi
e dei vari io che, proustianamente e discontinuamente, emergono alla
coscienza dalle profondità della memoria.
Questo
procedimento compositivo faceva pensare alla gratuità del
virtuosismo; ma è così che funzionano i ricordi proustiani e non di virtuosismo si tratta, ma bensì della qualità discontinua ed onnipervasiva dei ricordi.
E'
il pensiero che prende a pretesto sé stesso, trasformandosi
continuamente in altro da sé.
Ed
è per questo che, se giudicato col suo metro, che certo non può
essere quello bachiano o beethoveniano (per fare i nomi di due
compositori nel cui solco comunque Mahler si inscrive), ma nemmeno
quello straussiano (per fare il nome di un suo illustre
contemporaneo) lo stile compositivo di Mahler rivela un'inaudita
raffinatezza affettiva.
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