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Dahlhaus e l'influenza della filosofia sulla musica

Mi chiedo se Dahlhaus credesse veramente che la filosofia potesse influenzare la produzione dei musicisti, mentre a me pare piuttosto che, da un clima comune, chi scriveva musica, chi scriveva testi filosofici i quali purtroppo (per ignoranza musicale dei filosofi, beninteso) mal riflettevano, se non per nulla, la poetica e l'estetica dei brani dei vari musicisti. Ora, tradurre in parole la poetica espressa con la musica dai vari compositori sarebbe esercizio interessante ed è cosa ben diversa dal riflettere in modo astratto e a-musicale su quale sarebbe una presunta natura della musica o una sua funzione, come purtroppo hanno quasi sempre fatto i filosofi. Certo, vi sono importanti eccezioni (come Jankelevitch), ma bisogna cercarle con molta fatica.

Friedrich Kalkbrenner e il calco della forma sonata

Friedrich Kalkbrenner sembra corrispondere in pieno all'esasperazione di tipo hegeliano che alcuni teorici dell'ottocento (come Adolf Bernhard Marx) diedero alla versione beethoveniana della forma sonata, esasperazione così ben descritta da Dahlhaus e da Charles Rosen nei loro testi. Ad esempio, egli sembra corrispondervi con le sue sonate per pianoforte, tutte di pregevole fattura e tutte aderenti ad un "calco standard" di forma sonata.

Il concetto di perfezione interpretativo-esecutiva

Ecco un esempio  di percezione esecutivo-interpetativa, tale per cui - partendo da una premessa estetologica di godimento di una bellezza rifulgente, anche e soprattutto sonora, palese e palpabile - non si avverte il bisogno di alcuna altra esecuzione e interpretazione, configurandosi qui un optimum che diventa quindi modello e oggetto di contemplazione, in senso si potrebbe dire platonico, con buona pace degli strali antiplatonici di Dahlhaus.

La superiorità estetica del quartetto per archi rispetto ad altri generi di musica strumentale

Scrive l'immaginario critico musicale Algesio Erbi, nella sua Grande storia universale del quartetto d'archi : "Data per presupposta la superiorità della musica strumentale su quella vocale, per tutte le ragioni indicate da quegli Autori dell''800 passati in rassegna così bene da Carl Dahlhaus nel suo L'idea di musica assoluta (Firenze, La nuova Italia, 1988, Tit. Orig.: Die Idee der Absoluten Musik , Kassel, 1976), possiamo tranquillamente affermare anche la superiorità estetica del quartetto d'archi rispetto ad altri generi di musica strumentale. Rispetto alla sinfonia, il quartetto presenta il vantaggio di rendere pressoché impossibile il ricorso da parte del compositore alla retorica magniloquente: quanto deve durare un movimento, prima di morire di noia? Quanto deve essere prolungato un crescendo, prima di chiamare un'ambulanza? Quanto dev'essere forte un tutti, prima di chiedere un risarcimento per possibili danni all'udito? Con buona pa...

Larghetto del quartetto in La maggiore, Op. 32, n. 4 di Luigi Boccherini

Se è vero, come accennato da Dahlhaus ( Carl Dahlhaus, Beethoven e il suo tempo, Torino, EDT,  1990, p. 91, Tit. Orig. Ludwig van Beethoven und Seine Zeit, 1987, Laaber-Verlag, Laaber), che il movimento lento della sonata o del quartetto assume centralità nello Stile Sensibile (laddove nella sinfonia classica tale centralità l'assumerà l'allegro), anche come svincolo della musica strumentale da quella vocale con l'assunzione del ruolo - da parte della musica strumentale - di "musica assoluta" (ruolo che sarà fatto proprio dai romantici), allora l'accusa di frivolezza mossa a Boccherini da Charles Rosen nel suo Stile classico  (Milano, Feltrinelli, 1982, Tit. Orig.: The Classical Style, The Viking Press, New York, 1971; prima edizione italiana, 1979, Milano, Feltrinelli) - (Cfr. le definizioni della sua musica come "blanda e perfino anodina", p. 53 e, sui quintetti, la definizione di "brani piacevoli, ma scialbi", p. 306) è confutata da bran...

Ludwig Tieck e la musica strumentale

"Autonoma e libera", contrapposta a quella vocale che "è e rimane declamazione oratoria, per quanto sublimata" ( cit. in Carl Dahlhaus, Beethoven e il suo tempo, Torino, EDT,  1990, p. 78, Tit. Orig. Ludwig van Beethoven und Seine Zeit, 1987, Laaber-Verlag, Laaber). Liberi dal significato, in quanto ogni cosa diventa significante ed allude ad altro, ad un "altro" indefinito. E così all'infinito, con rimandi all'infinito: poesia o metafisica? O entrambe?

Storia degli stili musicali attraverso le epoche oppure attraverso le singole opere dei vari autori

Nei suoi Fondamenti di storiografia musicale (Tit. Orig.:  Grundlagen der Musikgeschichte , Koln, Arno Volk Verlag Hans Gerig K.G., 1977; tr. it., 1980, Discanto Edizioni, Fiesole), Carl Dahlhaus pone la questione di cui all'oggetto. Nell'ambito delle sue articolate argomentazioni, trovo di particolare interesse lo spunto in cui Dahlhaus pone come un problema la sussistenza di stili attraverso le epoche (e i vari pregiudizi connessi a tale fondamento storiografico) o, per contro, la sussistenza solamente di stili all'interno delle singole opere o comunque caratterizzanti i singoli autori, senza che questi stili siano comuni a vari autori o costituiscano tratti specifici di un'epoca. Uno dei tantissimi esempi calzanti in merito a tale questione potrebbe essere rilevato a proposito dello stile sensibile o sentimentale che pure Dahlhaus cita all'interno di tale saggio (cap. 2: "Storicità e carattere artistico", p. 25). Mi riferisco per esempio al fatto che a...

Fase terza

Riassumendo del tutto liberamente il pensiero espresso da Mario Bortolotto nel suo Fase seconda , la musica contemporanea mostra il suo tratto distintivo nel "tempo liberato", ossia nel non avere un ritmo o comunque un ritmo non regolare, simboli dell'imborghesimento o addirittura della "sozzura dell'umano". Di "incretinimento" parlava Nono, a proposito della musica pop e rock, considerata commerciale. Si può notare tale linea di pensiero di Nono, per esempio, nel dialogo con i ragazzi in uno dei concerti gratuiti tenuti da Abbado e Pollini negli anni '70 del '900 ( https://www.youtube.com/watch?v=f4etOJ7Thag , minuto 37). Invece il ritmo, ossia l'organizzazione del tempo - anche con tenuta metronomica, ossia minuziosa, della regolarità agogica - ha continuato ad avere importanza. Erano i compositori di musica seria del '900 (ma non tutti e non in ogni brano) a sognare una musica senza scansione ritmica regolare, ma la pretesa non h...