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Preludio della Suite in do minore per flauto e clavicembalo, BWV 997 di J.S. Bach

Nel bagaglio di formule espressive di J.S. Bach per la musica strumentale, in parte ripreso dai vari stili delle arie vocali che erano in corso di codificazione già dall'epoca barocca, vi è anche una sorta di declamato dal carattere drammatico (quasi un'aria che prenda le mosse da un recitativo), come nel bellissimo preludio della Suite in do minore per flauto e clavicembalo, BWV 997. Qui di entusiasmante ed enigmatico (nel senso che chi lo suona lo trova inusuale e gli dà una sorta di sensazione di straniamento) c'è, già subito in apertura, il do ripetuto in contrattempo del tema del flauto. Senza mettere in discussione il cardine bachiano, in base al quale tutta la musica rappresentava per lui una lode a Dio, il modo minore investito di una tale potenza drammatica identifica le zone d'ombra del dubbio umano e della disperazione, come in un'anticipazione profetica dello Sturm und Drang che nemmeno quelli - tra i figli musicisti di Johann Sebastian - che inauguraro...

L'interpretazione di Gould del secondo movimento del concerto italiano di Bach

Lontano dalle fole pseudo-filologiche delle esecuzioni su strumenti d'epoca e con presunto stile esecutivo dell'epoca, che più tardi trionfarono, Gould registrò questo movimento del concerto consapevole del fatto che lo stile italiano di Bach è tutt'affatto astratto: è una stilizzazione, un'interiorizzazione, una simbolizzazione, un'esotizzazione di un presunto stile italiano (che non esiste). Parimenti, eseguendolo al pianoforte (come eseguì al pianoforte tutto il resto della musica di Bach), Gould dimostrò che non era il timbro dell'epoca che a Bach interessava, ma il timbro astratto della pura perfezione. Segnalo il mio saggio su Glenn Gould per chi volesse approfondire la sua estetica.

Sonata per tastiera in re minore Illy 34 di Galuppi

In un'esecuzione impreziosita da raffinatezze di per sé artistiche (Matteo Napoli, 2009, Naxos), il primo movimento di questa sonata di Galuppi ricorda lo stato di grazia di Glenn Gould nell'interpretazione (1971) del primo movimento della Suite inglese in la minore di J.S. Bach, con in più la delizia della presenza e della differenziazione delle appoggiature nella sonata di Galuppi e invece, nella Suite bachiana, la delizia della proposizione di un meccanismo che non trova sosta nelle sue geometrie universali.

Due (tre) cadenze

La cadenza del primo movimento del concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore (Ciccolini/Scimone, 1986) di Salieri e la cadenza del terzo movimento del concerto per clavicembalo e archi in sol maggiore (Farina/Scimone, 1977) di Galuppi sono accomunate dal ritardo parossistico della conclusione che a sua volta le apparenta entrambe alla cadenza del primo movimento del quinto concerto brandeburghese di J.S. Bach, come esempi di nevrosi integrata al sistema.

Suite in do minore di J.S. Bach, BWV 997 per flauto e clavicembalo (Rampal/Veyron-Lacroix, 1967)

 Nascosto sotto le mentite spoglie di un'innocente suite per liuto, si trova uno dei più tormentati e drammatici, lirici e profondi brani del tipo Sturm und Drang mai composti: a patto di abbandonare ogni fola pseudo-filologica legata all'uso degli strumenti d'epoca.

Il mistero della cadenza del primo movimento del quinto concerto brandeburghese

Affascinante per parossismo e insistenza, irrazionale solo apparentemente, ma in realtà così ben costruita, concepita a blocchi e come per fasi successive: "Ora aggiungiamo questo, questo e quest'altro". Come una valigia che diviene talmente piena da rivelarsi magica, infinita, sproporzionata. Migliori le versioni di Veyron-Lacroix e Karl Richter rispetto a quelle (pur così diverse tra loro) di Gould e di Pinnock.

La Folia di Bach

Sul finire delle cantate profane di J.S. Bach, riecheggia la "Folia", dolcissima e nostalgica. Se solo ne avesse proposta una sua versione in forma di tema e variazioni come quelle incomparabili di Corelli e Haendel...

Il sublime in musica

Michel Deguy ("Le grand-dire" in Du sublime , Paris, Editions Belin 1988, p. 18) cita come esempio di sublime in musica il quintetto op. 44 di Schumann, "oppure" (ma si fatica a capire il senso di questa sua alternativa) l'adagio dell'op. 106 di Beethoven. Niente da ridire sulla scelta dei brani, ma allora perché non citare (ad esempio) le Suites inglesi di Bach, o il concerto per pf. e orch. in re minore di Brahms? Questo per dire quanto sia pericoloso far slittare una possibile definizione del sublime su questioni di gusto personale, con il rischio della creazione di fazioni contrapposte che utilizzino le loro opere preferite per avvalorare una propria concezione del sublime piuttosto che un'altra. Il tentativo che andrebbe fatto sarebbe piuttosto quello di definire diverse concezioni del sublime a partire dalle diverse modalità di scorrimento del tempo (non solo in musica), perché probabilmente esistono tanti sublimi quanti ritmi di scor...

Il canone estetico della dolcezza

Vivaldi, come Bach, Mozart e pochi altri, incarna tale ideale estetico, che nella sua declinazione tecnico-pratica implica – tra l’altro – il fatto di non utilizzare lo strumento espressivo e retorico-stilistico del contrasto tra il piano e il forte (pur con alcune illustri eccezioni come Le quattro stagioni ). Ciò corrisponde a quell’ideale contemplativo, a-dialettico (cui Glenn Gould dedicò numerose riflessioni, nonché le sue preferenze estetiche) che è tipico del Barocco, ma non solo e che non sostiene, a differenza di Beethoven e del beethovenismo, l’immagine dell’arte (e dell’arte in quanto rappresentante della storia umana) quale conflitto tra opposti, come problema fondamentale da risolvere.