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Op. 9 di Tomaso Albinoni

Ci sono le cantate di Alessandro Scarlatti e quelle di Agostino Steffani. C'è tutta la produzione di Giovanni Battista Pergolesi. Ci sono le sonate per flauto di Benedetto Marcello e c'è il concerto per oboe del fratello Alessandro, ci sono le sonate per violino di Arcangelo Corelli e i suoi concerti grossi. E infinite opere di infiniti autori. E poi? E poi c'è l'Op. 9 di Tomaso Albinoni: indicibile, innominabile, perfetta, divina, assoluta.

Le origini della scuola napoletana

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 Cui si devono aggiungere Leonardo Leo, Francesco Feo, Nicola Porpora e molti altri.

Il cambio di pettinatura della donna amata

Così come il cambio di pettinatura cambia il volto e quasi la personalità della donna amata, allo stesso modo nell'esecuzione della musica barocca dare un diverso valore metrico alle appoggiature definisce un'interpretazione completamente diversa del brano, secondo le scelte che vengono effettuate. Così, per esempio, nell'adagio del concerto in sol per flauto e archi di Pergolesi, dare una minore durata all'appoggiatura del mi sul fa diesis nella frase iniziale, come fa Rampal/Scimone 1976, rispetto a Rampal/Ristenpart 1963 (singolare il fatto che Rampal/Ristenpart 1955 faccia come Rampal/Scimone 1976), può dare un'aria maggiormente dinamica e forse meno rigorosa (ma più affascinante) all'intera prima frase e perciò, forse, all'intero brano. Tralasciamo pure il fatto che per il concerto in sol potrebbe trattarsi di uno pseudo-Pergolesi, altrimenti la ricerca della verità interpretativa potrebbe apparire sempre più faticosa e la stessa verità sempre più lonta...

Aura mitica

 Nell'aura mitica, tra le probabilmente più di 300 incisioni di Rampal, e tra le meno di 100 che ho potuto acquisire all'ascolto, metterei: sonata di Loeillet per flauto e chitarra e di Giuliani per flauto e chitarra (proprio quell'LP), concerto di Mercadante in mi minore (la registrazione con Scimone come direttore), adagio del concerto di Pergolesi in sol. In queste esecuzioni si verifica quella che in altri scritti ho definito " intersezione ": un concetto estetico di mio conio che indica ciò che si crea quando si sovrappongono e rafforzano, ossia vengono a coincidere il mondo poetico dell'esecutore e quello dell'autore o meglio del brano, per cui si poetizza il luogo e il momento dell'esecuzione al pari del brano e dell'autore (come se si collegassero tra loro i mondi poetici).

Lo "Stabat Mater" di Pergolesi nell'interpretazione di Abbado del 1968

Come scrive Zurletti , ogni risultato (anche ottimo) in Abbado è mediato dalla culturalità. Nello Stabat Mater di Pergolesi il nunc stans , cioè l’istante che si dilata ad eternità sublime, è raggiunto attraverso il filtro culturale: in questo caso, viene in mente l’arte visiva, in quanto la staticità, l’assenza di palpitazioni agogiche dell’esecuzione, richiamano apertamente la ieraticità, la solennità e la staticità delle pitture rinascimentali, in ispecie quelle dell’iconografia religiosa. Il sublime è concentrato nel contrasto tra il rigore agogico da un lato e - dall’altro - l’ampia eppur raffinata escursione  dinamica . Il risultato è ottimo, anche se si vorrebbe, all’ascolto, che venisse perpetrata qualche trasgressione, di tanto in tanto, al rigore agogico. Lo Stabat Mater è opera eccezionale per la sua essenzialità espressiva, che riesce a conciliare nella sua struttura e nel suo organico ridotti all’osso, la passionalità malinconica e umana del Barocco strume...