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Mahler e Strauss

In una rassegna come quella dei concerti per vari strumenti composti da Richard Strauss e incisi, per esempio, da Tuckwell, Belkin, Gulda e Ashkenazy, si nota tutta la vena fluentemente romantica dell'Autore, debitore di Schumann, Schubert e prima ancora della tradizione di Beethoven e Brahms e che interpreta, pur in veste di epigono, il grande genere romantico del concerto per strumento solista e orchestra con schietta fantasia e passionalità, in contrapposizione al mondo dolente e cupo del suo contemporaneo Mahler, spesso decadente nei toni. Differenza che notava, pur parteggiando per Gustav, la moglie Alma la quale peraltro non sempre mostrava di apprezzare le sottigliezze stilistiche del marito, come quando, per esempio, diede della composizione di tipo "haydniano" alla quarta sinfonia, che invece è un vero miracolo di rimpianto.

Who is the boss?

Questa domanda, relativa al rapporto direttore solista, fu posta da Bernstein nella sua famosa uscita prima del concerto con Gould (primo concerto di Brahms). Sembra particolarmente pertinente nel caso dei concerti per solista e orchestra nei quali Giulini, direttore lontano dallo stile autoritario quant'altri mai, riusciva a imprimere sempre un suo inconfondibile stile, pacato, caldo, lirico e attento alla qualità del suono e del fraseggio. Un esempio su tutti: il concerto per pianoforte e orchestra di Schumann con Rubinstein al pianoforte.

Dinu Lipatti nel concerto per pianoforte e orchestra di Schumann

Pianista adamantino e di raffinata personalità, Lipatti rivela tali doti in questa registrazione mono, risalente agli anni '40 del '900, che inevitabilmente viene a essere percepita quale sbiadita fotografia di una bellezza sonora e una raffinatezza di fraseggio rilevabili solo con le moderne tecniche di registrazione stereofonica. Tale è il vantaggio ed il limite del fatto che ci siano tramandate interpretazioni degne di nota, fatte riemergere da un tempo lontano, e che però non si possono apprezzare in tutta la loro bellezza perché il suono nella sua qualità risulta indecifrabile. Si può intuire una purezza di tocco, ma non la si può apprezzare. Si possono immaginare le meraviglie nella gestione dell'escursione dinamica, ma non si possono toccar con mano, e così via.

Rubinstein 1967 nel concerto per pianoforte di Schumann

Con Giulini sul podio, il Maestro espande infinitamente il fascino lirico del primo movimento, mettendo un po' in sordina, ma senza snaturarli, gli elementi di fascino ritmico che costituiscono l'altro volto del concerto stesso. E' un'interpretazione che sta al pari di quella di Richter con Rowicki sul podio. Anzi, rispetto a quella, l'edizione Rubinstein-Giulini è come se fosse la negativa. Mentre Rubinstein e Giulini vedono come centrali le parti liriche e invece come parentesi le parti ritmiche più agitate, per Richter-Rowicki è il contrario.

Uno Schumann ingessato e seduto

E' quello del concerto per piano, con Zimerman e Karajan. E' talmente poco fluido il primo movimento, dal punto di vista agogico, che sembra impossibile trovare spunti positivi: poi si ascolta il secondo movimento che invece, con i suoi spunti lirici e contemplativi, è la migliore in assoluto tra tutte le interpretazioni.