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Dahlhaus e l'influenza della filosofia sulla musica

Mi chiedo se Dahlhaus credesse veramente che la filosofia potesse influenzare la produzione dei musicisti, mentre a me pare piuttosto che, da un clima comune, chi scriveva musica, chi scriveva testi filosofici i quali purtroppo (per ignoranza musicale dei filosofi, beninteso) mal riflettevano, se non per nulla, la poetica e l'estetica dei brani dei vari musicisti. Ora, tradurre in parole la poetica espressa con la musica dai vari compositori sarebbe esercizio interessante ed è cosa ben diversa dal riflettere in modo astratto e a-musicale su quale sarebbe una presunta natura della musica o una sua funzione, come purtroppo hanno quasi sempre fatto i filosofi. Certo, vi sono importanti eccezioni (come Jankelevitch), ma bisogna cercarle con molta fatica.

Il beethovenismo empatico di Cramer

Quello di Cramer  è - in ambito sonatistico - un beethovenismo empatico, in cui non vi è quella furia programmatoria di Beethoven, per la quale si deve per forza dimostrare qualcosa (fatto che Jankelevitch  stigmatizzò, come ho notato, oltre che qui sul blog, in alcuni miei lavori ): vi predomina invece l'amore per le strutture ripetitive e per le assonanze intuitive.