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Dahlhaus e l'influenza della filosofia sulla musica

Mi chiedo se Dahlhaus credesse veramente che la filosofia potesse influenzare la produzione dei musicisti, mentre a me pare piuttosto che, da un clima comune, chi scriveva musica, chi scriveva testi filosofici i quali purtroppo (per ignoranza musicale dei filosofi, beninteso) mal riflettevano, se non per nulla, la poetica e l'estetica dei brani dei vari musicisti. Ora, tradurre in parole la poetica espressa con la musica dai vari compositori sarebbe esercizio interessante ed è cosa ben diversa dal riflettere in modo astratto e a-musicale su quale sarebbe una presunta natura della musica o una sua funzione, come purtroppo hanno quasi sempre fatto i filosofi. Certo, vi sono importanti eccezioni (come Jankelevitch), ma bisogna cercarle con molta fatica.

Il beethovenismo empatico di Cramer

Quello di Cramer  è - in ambito sonatistico - un beethovenismo empatico, in cui non vi è quella furia programmatoria di Beethoven, per la quale si deve per forza dimostrare qualcosa (fatto che Jankelevitch  stigmatizzò, come ho notato, oltre che qui sul blog, in alcuni miei lavori ): vi predomina invece l'amore per le strutture ripetitive e per le assonanze intuitive.

La soddisfazione di Beethoven

Perché non paragonare Beethoven a uno dei tanti compositori di ogni epoca? Quali ne sono i tratti distintivi? Non parlo di stile. V’è una caratteristica distintiva che ne identifica la musica e che non è costituita da una miriade di elementi estetici sparsi, ma consiste bensì in un concetto unico: la costruzione di un mondo che rispecchi la concezione della scoperta che l’universo è giusto. La dimostrazione in musica della giustezza dell’universo. La sua arte mira  – in una certa formula che rispecchia nel piccolo l’infinito – alla dimostrazione dell’armonia universale, alla sua presentazione, meglio. Di qui la soddisfazione che deriva dalla dimostrazione, dal carattere  apodittico della sua musica. E’, certo, la musica per avvocati che Jankelevitch stigmatizza, ma è anche molto di più: rappresenta in piccolo un universo. Potremmo decidere che si tratta di un universo parallelo, troppo bello per essere vero, oppure della fotografia dell’universo così com’è veramente: ...

Beethoven e il classico ideologico

In  Beethoven  l’amore per l’equilibrio formale e per la simmetria si esprime attraverso l’intenzione dell'equilibrio formale e della simmetria (nel senso di  intenzionalità  di  Brentano ): tale intenzione presiede l'ispirazione con una intensità tale da potersi definire ideologica. Nella  forma sonata  delle  sinfonie beethoveniane , la simmetria, prima sparsa ( esposizione ) e poi riagguantata con forza ( sviluppo  e  ripresa ) assume la valenza di architrave di una perfezione che si potrebbe definire quadrata, intesa cioè quale espressione di moralità e bellezza insieme, secondo un ideale  schilleriano  (le  anime belle , virtuose per istinto). E', mi sembra, ciò che  Jankelevitch , contrapponendo questo mondo a quello di  Debussy , ha chiamato “la ragione degli avvocati”, la  dialettica  ideologica di tesi-antitesi-sintesi mirante a giustificare – in modo  hegeliano  (Carl D...