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Il primo di Brahms e la quinta di Tchaikovsky alla Scala, 14 settembre 2025 - Tjeknavorian, Buchbinder, Orchestra Sinfonica di Milano

Stasera, 14 settembre 2025, ho assistito alla Scala al primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms eseguito a una velocità eccessiva, tale da rendere difficile percepirne la poetica e l'interiore bellezza di alcuni dei passaggi interni al primo movimento, del pianoforte come dell'orchestra. Inviterei il direttore e il pianista ad andarsi a risentire l'esecuzione di Gould con Bernstein sul podio . Sì, proprio quella in cui Bernstein uscì sul palco prima dell'inizio, per spiegare che secondo lui Gould aveva scelto un tempo troppo lento.  Azzardo a mia volta un'interpretazione dell'interpretazione: nel più generale processo sociale di forclusione dell'intimità, le parti liriche, intime del primo movimento vengono quasi vissute come imbarazzanti in quest'interpretazione, e la "soluzione" trovata dal direttore consiste, a quanto pare, nel suonare tutto il più velocemente possibile, dando la stura, sul versante pianistico, a una resa del bran...

I quartetti per archi di Sostakovic

Già bollato prima del suo primo quartetto come formalista da Stalin (tramite stroncatura della sua Lady Macbeth  sulla Pravda), in quanto visto come oppositore del realismo socialista (che voleva asservire la musica al regime facendone uno strumento di propaganda), liquidato (così almeno a me sembra: absit iniuria verbis ) dal musicologo Guido Salvetti nel Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, edito da UTET, nella voce dedicata al quartetto, come se i suoi quartetti fossero frutto della moda sovietica anni '30 del secolo XX del "classicismo costruttivista" (errore e paradosso: proprio Sostakovic che da Stalin fu silurato e fatto oggetto di pressioni appunto in quanto "formalista"), per anni mai fatto oggetto di una specifica monografia come quartettista, lo Sostakovic compositore di quartetti rappresenta uno dei più insigni esempi di arte del '900. Scritti quasi tutti a una buona distanza temporale l'uno dall'altro, essi c...

Una promessa mancata

Riascoltando la seconda sinfonia di Carl Reinecke (primo movimento), si fatica a scacciare l'impressione che, date le premesse boschive e fiabesche, la promessa di una grande storia romantica risulti tradita dall'Autore, perché non si esce mai da un ambito esclusivamente eufonico, intrappolati tra due false versioni di Mendelssohn e Brahms. Manca anche l'elemento dialettico (lo sviluppo non si avverte), sicché il romanticismo ne risulta più decorativo che epico. Anche l'elemento sentimentale del romanticismo (a tacere di quello sensuale) è raffrenato, non venendo peraltro sostituito a sufficienza da una componente magica e misteriosa. Ciò ovviamente a confronto con le opere migliori di Reinecke, perché sul suo essere autore romantico non vi sono dubbi.

La prima sinfonia di Mendelssohn

Proprio negli stessi anni in cui Beethoven, in base a un'estetica evoluzionistica e monumentale (ogni sinfonia dev'essere più lunga, significativa, impegnativa e monumentale della precedente), sia pure perseguita in modo non lineare (in base alla cosiddetta teoria della diversità tra le sinfonie pari e le dispari, coniata da alcuni musicologi) componeva la sua nona sinfonia, Mendelssohn componeva la sua prima sinfonia: di proporzioni equilibrate, drammatica, snella ed elegante, con uno stile che, secondo il metro di paragone di uno storicismo a sua volta evoluzionistico, potrebbe collocarsi tra la prima e la seconda sinfonia di Beethoven (quindi, sempre in base ad una logica evoluzionistica, "indietro di venticinque anni"). In merito alla leggerezza, la prima sinfonia di Mendelssohn è invece da considerarsi esteticamente più promettente della nona di Beethoven.

Il secondo movimento del terzo quartetto, Op. 44 di Mendelssohn

Il moto perpetuo in ritmo di saltarello, analogo a quello del quarto movimento della sinfonia Italiana, in un brano in forma di scherzo con struttura di rondò (ABA), è qui più vellutato che nella sinfonia e le note ribattute, in particolare del violoncello, ricordano le onde del mare e a tratti anche quell'atmosfera soffusa e frenetica che ha reso celebre lo scherzo del Sogno di una notte di mezza estate .

Il secondo quartetto per archi di Cherubini

Il finale del primo movimento, con la coda che ritarda oltre misura la ricaduta sulla tonica, ricorda ancora il finale del primo movimento dell'ottava sinfonia di Beethoven. Lo scherzo - in forma di rondò di tipo particolare - ha per tema iniziale e finale del movimento un moto perpetuo e per tema centrale, nel trio, una melodia ribattuta e pigolante del violino sullo sfondo di pizzicati (che fa lo strano effetto di un involucro che tiene prigioniero un essere minuto). Il movimento finale è tra i più robusti esempi di brano incisivo e drammatico. Non saprei qualificare lo stile di tale quartetto, se non coniando il neologismo della categoria dell'"ultraclassico".

Una lettura psicoanalitica dei quartetti per archi di Cherubini

"Del parossismo classicistico", si potrebbero sottotitolare i quartetti di Cherubini. Il mondo stilistico ad essi più vicino è l'iperclassicismo dell'ottava sinfonia di Beethoven: la pretesa di far rientrare in paradigmi di equilibrio formale una materia poetica incandescente.

Il clima affettivo/mondo espressivo dei quartetti di Haydn

Vanno ascoltati come un'unica pagina di un interminabile romanzo musicale (al pari di tutti i concerti per pianoforte di Mozart e di tutte le sinfonie di Beethoven), come Borges riteneva andassero concepite le opere letterarie, cioè come parte di un'unica immensa opera. Perché invece amplificarne analiticamente le differenze stilistiche tra un'opera e l'altra, come fa Charles Rosen nel suo Stile classico ( passim ), in cui cita a malapena l'Opera 9 (e di sfuggita, senza soffermarvisi, perché trova che vi sia notevole differenza tra le composizioni degli anni '60 del diciottesimo secolo, a proposito delle quali usa il termine "stranezza" a pagina 63 e, altrove, "confusione" e "manierismo", e quelle dagli anni '70 in poi) significa non rendere ragione del clima complessivo e del mondo espressivo, dell'universo estetico che essi esprimono.

Diverse interpretazioni del primo movimento della quarta sinfonia di Brahms

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Sinfonia funebre e trionfale di Berlioz

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Strepitoso brano e strepitosa orchestra: scansione metrica precisa, suono curato nel dettaglio.  

Bruckner, nona sinfonia, Celibidache, Orchestra filarmonica di Monaco

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Ci voleva proprio una musica di ampio respiro, voce a tratti rassicurante, a tratti inquietante della natura, ma sempre universalistica, dopo l'ascolto del repertorio completo per flauto registrato da Rampal. Così come, a breve, ci sarà bisogno della cerebrale, novecentesca, impietosa e algida cacofonia di Boulez.  

Myung-Whun Chung e la filarmonica della Scala agli Arcimboldi (11-09-2019 - Patetica di Čajkovskij)

Aspetti negativi: 1) Il direttore dirige ad occhi chiusi o semichiusi, non guarda gli orchestrali che talora, per questo, perdono il contatto (non solo espressivo) con lui; 2) Ottoni spesso troppo in primo piano. 3) Il finale del primo movimento: poesia non pervenuta (dov'è il pianissimo? Dove l'impercettibile rallentando? Dove la sorpresa? E dove il clima favolistico?). 4) Secondo movimento ad andamento troppo sostenuto (già lo si sapeva, comunque, da precedenti esecuzioni). 5) Imprecisioni negli attacchi del terzo movimento (e non solo di quello). Aspetti positivi: 1) Il fraseggio e il clima poetico del tema principale del primo movimento sono azzeccati. 2) Idem per il secondo movimento, sia nella prima e ultima sezione, sia in quella centrale (incredibilmente, dato l'andamento troppo veloce). 3) La profondità dolente del quarto movimento è ben colta e ben resa. 4) Gli archi (in particolare però i violoncelli) e i legni hanno un bel suono. Voto: 6

La sesta sinfonia di Mahler: un confronto Bernstein/Sinopoli

Verrebbe da dire, all'ascolto e al confronto, che Sinopoli è interprete mahleriano altrettanto profondo di Bernstein, con in meno la gioia. Per Sinopoli, Mahler deve essere cupo e inquietante. Nei passi in cui indubbiamente Mahler lo è, la sua interpretazione diviene più profonda e geniale di quella di Bernstein. Nel Mahler di Bernstein vi sono alcuni passi interpretati con un andamento ritmico così privo di stereotipi, da rivelare echi americani. Ma non penso che, in tali passi, Bernstein abbia centrato maggiormente di Sinopoli l'interpretazione. Meno fascinosa dal punto di vista agogico, ma non meno ricca dal punto di vista espressivo e con la prefigurazione di scenari espressionisti appare l'interpretazione di Sinopoli. Quanto al gusto per la grandiosità retorica, i due direttori stanno al pari l'uno dell'altro.

Il terzo movimento della prima sinfonia di Mahler: un confronto Bernstein/Sinopoli

Mentre Bernstein vi cerca e vi ottiene un'unità espressiva di tipo romantico, Sinopoli volutamente lascia slegati i vari episodi e sezioni del movimento. Il riferimento per Sinopoli è il periodo espressionista e dodecafonico della storia della musica, mentre invece Bersntein vede qui nell'Autore un epigono del romanticismo. Di conseguenza la melodia e la passionalità non sono espresse in misura preponderante in Sinopoli, al quale però riesce di dare un taglio espressionista e inquietante al movimento, già solo con la scelta dell'andamento (estremamente lento). E' come se qui Bernstein scorgesse il rimpianto, mentre Sinopoli vuole rivelare le categorie del grottesco, del contraddittorio: quell'universo sparso, gigantesco, spaesato e smarrito che avrebbe di lì a poco, a partire dalla seconda scuola di Vienna, popolato di sé la musica contemporanea.

La terza sinfonia di Scriabin di Sinopoli e New York Philarmonic, 1989

Si avverte già dal primo movimento quando un mondo poetico viene "centrato" da un interprete, qui sulla scorta di una sublime e nobilissima eredità mahleriana e di un'orchestra che ha tra i suoi doni la capacità di dare il giusto colore.

Nota sul secondo movimento della sesta sinfonia di Beethoven

I misteriosi meandri e anfratti del secondo movimento della sesta sinfonia di Beethoven rappresentano un mondo di segrete e pacificatrici assonanze, multiple e richiamantisi in un gioco di rimandi che delineano un Nunc Stans (attimo sublime ed assurgente all’eterno) che giunge a sorpresa in uno dei brani più lunghi, meno appariscenti (e per questo, secondo un luogo comune, meno beethoveniani) del sommo compositore. Qui la difficoltà  per l'interprete è quella  di riuscire a rendere a dovere una miriade di sfumature dinamiche, timbriche e agogiche in un brano di un compositore solitamente così netto. Poi c’è la questione del contrasto/somiglianza tra arte e vita (forse il principale di tutti i luoghi comuni), dato che la sesta sinfonia (serena e gioiosa) fu composta contemporaneamente alla quinta sinfonia, emblematica di drammaticità e tragicità vicine alle vicende umane del Beethoven di quel periodo: sembrano in parte   e a tratti – le due sinfonie – l’una la negat...

Analisi estetica di tre movimenti della prima sinfonia di Tchaikovsky

Come indicazione generale si può porre l’accento sulla forma del sinfonismo di Tchaikovsky, rilevando come non tanto la forma sonata, quanto la tensione dinamica costituisca strumento espressivo privilegiato. Lunghi  crescendo  dal  pianissimo  al  fortissimo  e poi ancora al  pianissimo  costituiscono il nucleo formale stesso della composizione, e rivelano la vena drammatica di Tchaikovsky, altrettanto sviluppata di quella serena, lirico-melodica. Mentre il primo movimento costituisce appunto un esempio della capacità del Compositore di creare grandi scenari in tensione emotiva perenne, il terzo è uno  scherzo  che, come  trio , ha uno splendido valzer. L’ultimo movimento è in forma di marcia, ed inaugura i tipici finali di sinfonia tchaikovskyani, che partono in sordina ( piano  e  adagio ) per poi concludere con un immancabile tripudio sonoro. Il carattere della musica di Tchaikovsky è defini...

Dinamismo, drammaticità e privilegio assegnato allo sviluppo

Qualsiasi discorso sullo stile interpretativo passionale di  Bernstein  va approfondito subito, se non si vuole correre il rischio di incappare in una catena di esasperanti luoghi comuni. In realtà, se da un lato è vero che in generale lungo tutto l’arco dell’esecuzione di un brano per Bernstein conta l’espressione diretta della vita, dall’altro lato non è vero che questa pretesa interferisca sempre con una resa accurata del brano stesso, in nome di una non meglio definibile visceralità. Se ascoltiamo infatti attentamente, per esempio, le  sinfonie  di Beethoven dirette da Bernstein, ci accorgiamo che mentre l’esposizione risente spesso di una mancanza di accuratezza da imputarsi senz’altro a una visceralità un po’ affettata, gli sviluppi vengono invece interpretatati e fatti eseguire con una accuratezza da miniaturista. Ora, è importante riconoscere che questa disparità di “trattamento” non è frutto del caso, dell’errore, o di entrambi, bensì corrispo...

La nona di Beethoven

La nona di Beethoven è difficile da concepire soprattutto perché v’è sopra una patina di mito, tale quale che per la quinta , ma che le ha nuociuto più che alla quinta. Il tratto più interessante del primo movimento è, da un lato l’apertura verso il futuro, dall’altro lato la domanda, intensa e drammatica sul versante umano, della mancata ostensività della giustizia divina del mondo nel mondo stesso ( teodicea ). Tale interrogativo drammatico trova una forma piena, come di tempesta, tale da far impallidire, con ondate successive, per intensità e durata, il già strabiliante episodio del temporale nella sesta . Mi riferisco in particolare alla sezione centrale, in cui viene riproposto insistentemente il primo tema in mezzo al rullare incessante, insistente e infinito dei timpani. Altro momento topico della drammaticità e della proposizione del problema della teodicea è la coda del primo movimento, che si potrebbe definire la coda perfetta, ossia la più imponente, la più drammatica di ...

Mahler, prima sinfonia, terzo movimento.

Il terzo movimento della prima sinfonia di Mahler ne apre il capitolo umano, giacché i primi due, nel programma originario poi cancellato come sempre dall’Autore per lasciare posto solo alla musica, rappresentano la natura in sé stessa. Si tratta però di una natura meccanizzata, in pieno stile positivista, in cui i cucù emettono intervalli di quarta discendente (anziché di terza, come i normali cucù) e l’intero apparato ritmico, melodico ed armonico si snoda a poco a poco ricordando più il pesante e sferragliante mettersi in moto di una locomotiva, che non il risveglio di una natura incontaminata. Il terzo movimento ci presenta invece la passione (tardoromantica e dunque rigorosamente disperata) ad un livello estremo, con una melodia annunciata in modo “circense” dalle trombe e ripresa dai violini in un impeto di totale lirismo. A questo episodio se ne aggiunge un altro, più sereno, ed entrambi sono intervallati, nonché incorniciati dalla melodia di Fra’ Martino campanaro in modo ...