I quartetti per archi di Sostakovic
Già bollato prima del suo primo quartetto come formalista da Stalin (tramite stroncatura della sua Lady Macbeth sulla Pravda), in quanto visto come oppositore del realismo socialista (che voleva asservire la musica al regime facendone uno strumento di propaganda), liquidato (così almeno a me sembra: absit iniuria verbis) dal musicologo Guido Salvetti nel Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, edito da UTET, nella voce dedicata al quartetto, come se i suoi quartetti fossero frutto della moda sovietica anni '30 del secolo XX del "classicismo costruttivista" (errore e paradosso: proprio Sostakovic che da Stalin fu silurato e fatto oggetto di pressioni appunto in quanto "formalista"), per anni mai fatto oggetto di una specifica monografia come quartettista, lo Sostakovic compositore di quartetti rappresenta uno dei più insigni esempi di arte del '900. Scritti quasi tutti a una buona distanza temporale l'uno dall'altro, essi coprono un arco temporale di quasi quarant'anni. Varii per stile, indicano per lo più una via alternativa alla dodecafonia. Sono, specie se ascoltati tutti di seguito dal primo all'ultimo (come le pagine del romanzo del mondo immaginate da Borges), un mondo che esprime una parte significativa del '900. Interfaccia interiore delle sinfonie, nelle quali Sostakovic espresse la contraddittoria possibilità di sopravvivenza del romanticismo musicale alle due guerre mondiali (una specie di romanticismo post-atomico), i quartetti fanno riferimento ad una dimensione poetica più intima, in cui i frastuoni del mondo vengono rielaborati in un vibrante processo emotivo. Spesso i brani dei quartetti seguono un climax che va dall'enunciazione lirica di una melodia, sovente di origine o aspetto folcloristico, alla resa incandescente nella parte centrale della composizione, in cui il ritmo e la dinamica si fanno più violenti, per poi tornare, come in uno schema di rondò, alla melodia iniziale, intonata pianissimo.