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Il suono di Karajan

L'importanza.  

La chiusa del secondo movimento della Fantastique

Dutuoit, Gergiev e Celibidache affondano le ultime note, rallentando. Maazel, Bernstein, Prêtre, Mitropoulos, Ormandy, Dudamel e Muti seguono la strada opposta, stringendo. Abbado sceglie una soluzione intermedia (prima accelera e rallenta sulle ultimissime note). Altrettanto Karajan (che, al contrario, prima rallenta e nelle ultimissime note accelera), Barenboim, Rattle e Mehta. Dudamel stringe molto, mantenendo però lunga la nota finale. Celibidache, Mitropoulos, Rattle e Bernstein fanno sentire molto bene tutte le note nei passaggi veloci dei violini. Mille e più mille scelte diverse per un finale di movimento che, comunque lo si prenda, è travolgente.

Gara di velocità (potenza, verità, bellezza)

Ho già scritto altrove di come Giulini prendesse i tempi richiesti dal brano e che, dove c'era da prenderli stretti, li prendeva stretti. E' il caso dell'ouverture delle Nozze di Figaro di Mozart. Qui secondo me Bernstein ed altri non colsero che, più che richiamare un clima genericamente giocoso e buffo, questa ouverture è una prova di forza dell'orchestra. Di tale avviso, Karajan ne scatenò il virtuosismo con la sua versione degli anni '50 , la cui velocità è mozzafiato. Questo brano mi fa venire in mente, di Karajan e i Berliner, il finale del primo e soprattutto dell'ultimo movimento dell'ottava sinfonia di Beethoven, nel senso che credo Karajan cogliesse non tanto una caratteristica stilistica o estetica del compositore, un suo tratto caratteristico, ma una categoria dello spirito che Nietzsche definì come volontà di potenza (giusto per definire un concetto anti-idealistico tramite un concetto idealistico). Questo aspetto della resa musicale come volo...

Ozawa e il repertorio sinfonico tardoromantico

Quale ne è la caratteristica fondante, quale il pregio principale? Direi che vi è in parte la verve ritmica, tipica di Bernstein e la sua attenzione per il colore del suono, in parte il legato e la cura per la bellezza del suono in sé, tipici di Karajan. Ma aggiungerei la capacità, esercitata in incognito, sottotraccia e cioè con sprezzatura, di mettere in risalto, in forme inusitate, sinuose ed al tempo stesso pudiche, la voluttà della melodia: il suo fascino e il suo mistero originari, tipici dello stato di nascita.

La capacità sinottica e il sublime

Quando, in uno dei post precedenti , abbiamo parlato della rara qualità sinottica di Karajan, in realtà abbiamo affermato qualcosa che ha un'importante implicazione: se il sublime è veduta dall'alto, la capacità sinottica sarà capacità di evocare il sublime. Occorrerà dunque riflettere su tale direzione di ricerca.

Karajan 1973 in Don Juan di Richard Strauss

Nel dispiegamento della potenza sonora e del controllo virtuosistico, Karajan riesce a dare un'immagine riassuntiva dell'opera che potrà non essere sempre arricchita del dettaglio particolare, ma viene sempre presentata nel suo impianto generale in modo inequivocabile e comprensibile. Questo è il valore aggiunto delle sue interpretazioni e - in certo senso - tale cifra stilistica compendia quanto segnalava in un libro-intervista ( Maestro ,   di Helena Matheopoulos) Seiji Ozawa, per il quale la nota saliente dell'apprendistato da lui fatto con Karajan era costituita dalla capacità di legare tutte le note, non interrompendo mai il fluire della musica. Ne discende la chiarezza sinottica delle interpretazioni di Karajan che noi qui segnaliamo e che è un dato da altri non altrettanto segnalato, rispetto all'arcinota cura di Karajan per il bel suono orchestrale, per la potenza e per il virtuosismo.

Antal Dorati 1981 in Don Juan di Richard Strauss

Credo che - dopo quanto hanno avuto da dire Karajan, Sinopoli e Boulez su Richard Strauss (anche se non tutti specificamente su quest'opera) - sia difficile per qualunque interprete mettere in luce altri aspetti significativi dei lavori per orchestra  dell'Autore. Ciò non significa che tentativi come questo, o quelli di Maazel, per esempio, siano poco significativi, ma riesce difficile discernere spunti di significatività (se non forse proprio, paradossalmente, in una certa leggerezza di fondo), nei passi specifici e nel complessivo approccio all'opera, in confronto a quegli interpreti che, scavando in diverse direzioni nella profondità di lavori come questo, hanno trovato filoni preziosi ed in qualche modo, per certi versi, ineguagliabili ed irripetibili.

Così parlò Zarathustra di Richard Strauss (Sinopoli, 1988)

Con riferimento, per ora, al solo primo movimento, qui Sinopoli si supera e supera senz'altro Boulez e Karajan. Karajan, con la sua famosa versione che diede il sonoro a 2001 Odissea nello spazio , lasciava fluire la potenza sonora, come se provenisse da un Deus ex machina . Boulez, con la sua versione gelida e tagliente, dava del brano una versione novecentesca, robotica e inquietante. Sinopoli, con il suo andamento lievemente sfasato (micro-rubato), mostra il lato espressionistico e terrificante del brano.

Michelangeli, Karajan e il suono

Senz'altra ragione che il suono, Michelangeli interpreta Mozart magistralmente. Mi fa venire in mente Karajan , per il quale sembrava che i diversi autori e i diversi brani che eseguiva con la sua orchestra filarmonica di Berlino fossero meri pretesti per dispiegare la bellezza sonora, o meglio fossero diverse manifestazioni nella realtà di una medesima, ideale, bellezza sonora. Come se il suono fosse il motore immobile dal quale si dipartono le diverse traduzioni fenomeniche della bellezza stessa.