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Visualizzazione dei post con l'etichetta Gould

Scriabin, verità estetica e innocenza perduta

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Gould and Surroundings

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Il primo di Brahms e la quinta di Tchaikovsky alla Scala, 14 settembre 2025 - Tjeknavorian, Buchbinder, Orchestra Sinfonica di Milano

Stasera, 14 settembre 2025, ho assistito alla Scala al primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms eseguito a una velocità eccessiva, tale da rendere difficile percepirne la poetica e l'interiore bellezza di alcuni dei passaggi interni al primo movimento, del pianoforte come dell'orchestra. Inviterei il direttore e il pianista ad andarsi a risentire l'esecuzione di Gould con Bernstein sul podio . Sì, proprio quella in cui Bernstein uscì sul palco prima dell'inizio, per spiegare che secondo lui Gould aveva scelto un tempo troppo lento.  Azzardo a mia volta un'interpretazione dell'interpretazione: nel più generale processo sociale di forclusione dell'intimità, le parti liriche, intime del primo movimento vengono quasi vissute come imbarazzanti in quest'interpretazione, e la "soluzione" trovata dal direttore consiste, a quanto pare, nel suonare tutto il più velocemente possibile, dando la stura, sul versante pianistico, a una resa del bran...

Il Galuppi di Napoli

Nelle sue tre incisioni di varie sonate per tastiera di Galuppi, suonate al pianoforte, Matteo Napoli compie un'operazione analoga a quella di Gould con Bach: rende fruibili e romantizza in senso intimistico (tramite l'uso del pianoforte invece del clavicembalo) brani che, se suonati su strumenti d'epoca, hanno invece un suono dal sapore arcaico. In particolare, la bellezza del suono del pianoforte esalta la qualità delle sonate di Galuppi. Del resto, in barba alle interpretazioni pseudostoricistiche su strumenti d'epoca, o simil d'epoca, tutti i tipi di brani risultano migliori, suonati su questo strumento, anziché sul clavicembalo. Sostenere il contrario, sarebbe come dire che nel medioevo - potendo scegliere - le persone avrebbero preferito un carretto all'automobile, per il solo fatto che l'automobile ai tempi loro non esisteva. Oltre a ciò, c'è da dire che molti movimenti di sonate per vari strumenti di vari autori barocchi consistono in trascrizion...

Le riduzioni per pianoforte di alcuni brani di Wagner da parte di Glenn Gould

Riduzione di che cosa? Della monumentalità. Riduzione della monumentalità oscura e sua trasformazione in limpido intimismo estetico, fruibile ad uso domestico. Tale appare l'operazione effettuata da Gould come trascrittore e interprete del preludio del primo atto dei Maestri cantori di Norimberga  e di brani del Crepuscolo degli dei  di Wagner.  Segnalo  il mio saggio su Glenn Gould  per chi volesse approfondire la sua estetica.

Schubert: Impromptu n. 1 per pianoforte in do minore, D 899 (Op. 90)

Così Glenn Gould su Schubert: "...anche se a molti sembrerà un'eresia, sono ben lungi dall'essere un patito di Schubert e faccio fatica ad abituarmi alle strutture ripetitive tipiche di gran parte della sua musica; l'idea di dover star fermo ad ascoltare i suoi interminabili tentativi mi irrita spaventosamente, è una tortura". (in No, non sono un eccentrico, Torino, EDT, 1989, p. 117; tit. Orig.: Non, je ne suis pas du tout un excentrique, 1986, Librairie Artheme Fayard ; da " Week-end Magazine ", 1956 ). Devo dire che, da profano del pianoforte, concordo con tale giudizio, con particolare, ma non esclusivo riguardo per la musica pianistica (suppongo che il giudizio di Gould si estendesse all'intera musica di Schubert, che del resto in molti luoghi presenta le caratteristiche sopra descritte). Ciò premesso (e aggiungerei anche, quali motivi di disagio per l'ascoltatore di Schubert, il suo continuo utilizzo del contrasto tra piano  e forte  e dell...

Sonata per tastiera in re minore Illy 34 di Galuppi

In un'esecuzione impreziosita da raffinatezze di per sé artistiche (Matteo Napoli, 2009, Naxos), il primo movimento di questa sonata di Galuppi ricorda lo stato di grazia di Glenn Gould nell'interpretazione (1971) del primo movimento della Suite inglese in la minore di J.S. Bach, con in più la delizia della presenza e della differenziazione delle appoggiature nella sonata di Galuppi e invece, nella Suite bachiana, la delizia della proposizione di un meccanismo che non trova sosta nelle sue geometrie universali.

Un confronto incrociato tra le esecuzioni del primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms (Pollini 1980 e Gould) e del secondo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms (Pollini 1977 e Zimerman-Bernstein)

Impareggiabile per stile epico il primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms di Gould, ma ugualmente mitologica l'esecuzione di Pollini 1980, sempre nel primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms, all'enunciazione del secondo tema da parte del pianoforte. Indubbio cavallo di battaglia di Pollini il secondo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms (1977), ma, nel terzo movimento, Abbado adotta un andamento più lento rispetto all'esecuzione di Bernstein-Zimermann. In particolare, l'apertura del violoncello solista nel terzo movimento sembra più convincente nell'edizione dei Wiener con Bernstein, rispetto a quella dei Wiener con Abbado (1977). Segnalo  il mio saggio su Glenn Gould  per chi volesse approfondire la sua estetica.

Il mistero della cadenza del primo movimento del quinto concerto brandeburghese

Affascinante per parossismo e insistenza, irrazionale solo apparentemente, ma in realtà così ben costruita, concepita a blocchi e come per fasi successive: "Ora aggiungiamo questo, questo e quest'altro". Come una valigia che diviene talmente piena da rivelarsi magica, infinita, sproporzionata. Migliori le versioni di Veyron-Lacroix e Karl Richter rispetto a quelle (pur così diverse tra loro) di Gould e di Pinnock.

Celibidache e la fenomenologia in musica

Ragionando su di un paio di filmati di Celibidache https://www.youtube.com/watch?v=S9hvDv7OwRQ https://www.youtube.com/watch?v=hXmKdmAZNQQ  (video non più disponibile) si possono fare, tra le molte, anche le seguenti riflessioni: Celibidache, matematico e filosofo, ci parla nel primo documentario di struttura, di polarizzazione, in premessa. La prospettiva bernsteiniana della musica come espressione del sentimento sembra bandita, ma nelle esecuzioni di  Celibidache è pur presente, pertanto si potrebbe pensare che l'intero apparato di spiegazione possa costituire un meccanismo di difesa, come l'intellettualizzazione e la razionalizzazione, di fronte a un lato della musica, quello sentimentale, che viene ritenuto inaccettabile, forse anche a livello sociale (si era negli anni '50, '60 e '70 del '900, in cui il serialismo, la musica contemporanea, la dodecafonia, la musica concreta, la musica fatta di rumori, erano sentiti come obbligatori).  La seconda rif...

Who is the boss?

Questa domanda, relativa al rapporto direttore solista, fu posta da Bernstein nella sua famosa uscita prima del concerto con Gould (primo concerto di Brahms). Sembra particolarmente pertinente nel caso dei concerti per solista e orchestra nei quali Giulini, direttore lontano dallo stile autoritario quant'altri mai, riusciva a imprimere sempre un suo inconfondibile stile, pacato, caldo, lirico e attento alla qualità del suono e del fraseggio. Un esempio su tutti: il concerto per pianoforte e orchestra di Schumann con Rubinstein al pianoforte.

Mozart, sonata in Do maggiore, K. 545, secondo movimento, Andante.

Confronto tra l’interpretazione di Carl Seemann e quella di Glenn Gould . Mentre il primo dà al brano un carattere posato, suggerendo all’ascoltatore una melodia per bambini, o un carillon , il secondo conferisce alla propria esecuzione un andamento frenetico: ciò richiama alla mente un bambino terribile e irriverente. In quest’ultima interpretazione viene deliberatamente ignorata l’indicazione di tempo ( Andante ) posta dall’Autore in capo alla pagina. L’interpretazione di Seemann rende ragione in modo senz’altro più ortodosso dell’indicazione agogica di Mozart e tuttavia, fedele com’è alla lettera, sembra quasi tradire l’indole fanciullesca del brano incatenandola ad un fraseggio un po’ rigido e scolastico. L’interpretazione di Gould, anche se poco rispettosa della dicitura Andante , pare trasmettere una maggiore gioia di vivere, dovuta probabilmente al fatto che - sia pure in modo forse troppo “personale” - l’esecutore riesce maggiormente a “fare suo” il brano.

Gould e Bernstein 1962 nel primo di Brahms

Glenn Gould al pianoforte e Leonard Bernstein come direttore interpretano il primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms , dal vivo, nel 1962, con la Philarmonic-Symphony Orchestra, in un'esibizione che è stata anche registrata e incisa. Bernstein dissente pubblicamente, comparendo sul palco prima dell'inizio del concerto, dall’interpretazione di Gould, trovandola molto severa, lenta e del tutto ignara delle indicazioni dinamiche espresse dall’Autore. Quello di Gould è un taglio interpretativo di tipo a-storico che mira, nelle sue intenzioni, a garantire continuità tra le parti solistiche e quelle orchestrali, smussando,  anziché enfatizzarli, i contrasti tra solista e orchestra e tra temi “maschili” e “femminili”. Il taglio è a-storico nel senso che al pianista canadese non interessa sottolineare la forma sonata che pure Brahms, sulla scia del suo maestro ideale Beethoven, utilizzava con tanto di implicazioni ideali (il dolce ed il percussivo costituiscono ...

Pollini 1980 nel primo di Brahms

Non solo, come di consueto, articolazione del fraseggio perfetta, ma anche vigore massimo e giusta temperie emotiva: qui Pollini 1980 si supera. E - incredibilmente (l'avverbio è d'obbligo) - risulta ancora più convincente del già strabiliante Gould 1962. Gli è che qui non vi è - come invece altrove in Pollini (basti riferirsi al suo secondo di Brahms 1977, non convincente, né pari per esempio all'edizione Zimerman/Bernstein) - né fretta, né freddezza, né meccanicità nella perfezione esibita. I passi più sublimi (verrebbe da dire "sublimissimi") del noto primo movimento vengono da Pollini 1980 articolati meglio del canadese (si pensi al passo del minuto 12,00 di Pollini 1980, o a quello del minuto 19,30), laddove l'emergere delle note nel loro giusto peso e dei timbri fa acquisire più espressività a quei passi che Gould volle mettere in rilievo tramite l'andamento complessivo, più lento rispetto a quello preso da Pollini e da diversi altri interpreti (ese...

Pollini ed Abbado (1992) nel terzo e nel quarto di Beethoven

E' nel quarto concerto per pianoforte di Beethoven che Pollini ed Abbado eccellono. Basti pensare, nel primo movimento, alla progressione di Pollini al minuto 5,30, o a quella al minuto 12,30, di impressionante maestria. Il secondo movimento, che talora risulta a rischio di staticità enfatica e un po' retorica, è risolto da entrambi con il reperimento dell' intimismo tramite un registro espressivo come di canto soffuso: una vera celebrazione di bellezza. Il terzo movimento è di incanto poetico in alcuni passi e in altri, come la coda, di travolgente vitalità e forza, pur essendo movimento di non poca asprezza nelle interpretazioni di molti. L'intera esecuzione e interpretazione del concerto è così potente e a così alti livelli di maestria che difficilmente si potrebbe riuscire a concepire qualcosa di meglio. L'intesa poi tra i due è qualche cosa di veramente unico. E pensare che nel terzo concerto per pianoforte di Beethoven, la stessa coppia fornisce un'inter...

Schoenberg da due punti di vista

Se consideriamo l'arco generale della produzione schoenbergiana le vedute d'insieme, da parte della critica, sono molteplici, e possono giungere ad esiti contrapposti tra loro pur restando formalmente tutte corrette. Basti citare ad esempio, da una parte, la famosa critica di Adorno , che vede nel progressivo dissolversi del sistema tonale attuato con l'arte schoenbergiana un processo drammatico dalle radici politico-sociali (Theodor Wiesengrund Adorno,  Philosophie der neuen Musik , Tubingen, 1949; trad. it. di G. Manzoni,  Filosofia della musica moderna , a cura di Luigi Rognoni, Torino 1959) e, dall'altro lato, la prospettiva essenzialmente tecnica e anti-drammatica dalla quale Glenn Gould guarda Schoenberg. Gould arriva infatti ad affermare che non è "il caso di drammatizzare troppo lo sconvolgimento subìto dal placido mondo della Belle Epoque. Che cosa fosse il dolore lo si sapeva già prima di Guglielmo II... <è> un grave errore interpret...

Gli incontaminati cieli barocchi della Durnitz

Non meraviglia che Gould tenesse in grandissimo conto la Sonata per pianoforte K. 284 di Mozart, dal momento che in essa il maestro salisburghese si limita a riproporre in tutta la sua lussureggiante completezza il repertorio di atteggiamenti melodico-armonici tipici della sonata barocca. La struttura formale, e in particolare armonica, riveste notevole importanza nella Dürnitz , a scapito dell’edonismo sonoro e della melodia, dai quali, infatti, Gould nella sua esecuzione riesce agevolmente a prescindere. La molteplicità di atteggiamenti vitali proposti nel Tema e variazioni  ci fa passare con rapidità, nelle variazioni, da un universo all’altro, senza soluzione di continuità, senza pretesti formali, né agganci più o meno artificiosi: è questa una sonata spudoratamente barocca nella forma e pudicamente antiedonista nello spirito che la anima. La continuità è data dall’insieme, dal giustapporsi di queste vedute sulla vita (quasi che ogni variazione fosse una finestra da cui g...

Il canone estetico della dolcezza

Vivaldi, come Bach, Mozart e pochi altri, incarna tale ideale estetico, che nella sua declinazione tecnico-pratica implica – tra l’altro – il fatto di non utilizzare lo strumento espressivo e retorico-stilistico del contrasto tra il piano e il forte (pur con alcune illustri eccezioni come Le quattro stagioni ). Ciò corrisponde a quell’ideale contemplativo, a-dialettico (cui Glenn Gould dedicò numerose riflessioni, nonché le sue preferenze estetiche) che è tipico del Barocco, ma non solo e che non sostiene, a differenza di Beethoven e del beethovenismo, l’immagine dell’arte (e dell’arte in quanto rappresentante della storia umana) quale conflitto tra opposti, come problema fondamentale da risolvere.