Il sublime in musica

Michel Deguy ("Le grand-dire" in Du sublime, Paris, Editions Belin 1988, p. 18) cita come esempio di sublime in musica il quintetto op. 44 di Schumann, "oppure" (ma si fatica a capire il senso di questa sua alternativa) l'adagio dell'op. 106 di Beethoven.
Niente da ridire sulla scelta dei brani, ma allora perché non citare (ad esempio) le Suites inglesi di Bach, o il concerto per pf. e orch. in re minore di Brahms?
Questo per dire quanto sia pericoloso far slittare una possibile definizione del sublime su questioni di gusto personale, con il rischio della creazione di fazioni contrapposte che utilizzino le loro opere preferite per avvalorare una propria concezione del sublime piuttosto che un'altra.

Il tentativo che andrebbe fatto sarebbe piuttosto quello di definire diverse concezioni del sublime a partire dalle diverse modalità di scorrimento del tempo (non solo in musica), perché probabilmente esistono tanti sublimi quanti ritmi di scorrimento del tempo, quanti ritmi vitali.



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