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Dettagli del III movimento della VII di Beethoven (sezione B: legni e ottoni). La parte dei legni nell’edizione Bernstein (’82) rappresenta un optimum per fraseggio, intonazione, dinamica, colore del suono e scelta agogica: c’è tutto e c’è anche il piacere di suonare. Azzardo: l’autocoscienza piena di un momento unico. Il I movimento della medesima sinfonia: ancora trionfale la scelta di Bernstein di non esaltare in rigidità parossistica il già innumerevoli volte ripetuto tema ritmico, che diverrebbe altrimenti ossessivo senza scopo (e perciò noioso). Ancora una volta, come notato da Zurletti a proposito di Petruska di Stravinsky, l’accento interpretativo posto da Bernstein sul colore del suono risolve in modo ateoretico (anti-ideologico), ma per ciò stesso molte volte efficace, il problema interpretativo eludendolo alla fonte. Esempi marcati di tale scelta interpretativa connaturata al direttore sono i capolavori sommi beethoveniani dove l’elemento della volontà di potenza è sacrificato da Bernstein in nome di un pathos drammatico che ha il suo epicentro nel colore caldo del suono. E’ proprio l’umanesimo la cifra più nobile che si ricava dall’ascolto della V e della IX dirette da Bernstein. Pathos e drammaticità del destino umano  immuni dalle tentazioni di volontà di potenza (identificazione col divino) e portatori del dilemma della teodicea come paradigma centrale delle sinfonie beethoveniane più impegnate sul versante apodittico, cioè della dichiarazione gridata dell’uomo riguardo alla coscienza delle difficoltà nel superamento dei propri confini.

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