Quale Mahler?

Le interpretazioni bernsteiniane di Mahler affondano le loro radici nel dolore, come si conviene a un direttore che vive la musica come una serie discontinua di esaltazioni del presente (qui da intendere come "passato che irrompe nel presente", annientandolo e facendosi presente senza speranza di futuro), un direttore che la vive cioè come piacere-dolore, sia pure con mille sfumature qualitative.
Quella di Bernstein è un'interpretazione tardoromantica che si avvolge nel dolore, fino a perdervisi, à la Proust.
Ma c'è anche un altro modo di intendere Mahler, altrettanto grande: quello del suo contemporaneo Bruno Walter.
Il suo è un modo di interpretare Mahler che ne esalta la componente lirica, ma non il dolore esistenziale, e che si rifà al primo romanticismo, in cui non vi è l'espressione del dolore, ma una fresca esaltazione del sentimento (quindi con una maggiore componente di speranza).
Quale di questi due Mahler scegliere? Quello lirico e sereno di Walter, o quello tutto "amore e morte" di Bernstein?

Rendere sereno Mahler? Oppure perdersi nel suo dolore?


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