Due interpretazioni del Bolero

Il confronto tra l’interpretazione del Bolero di Ravel operata da André Previn e quella di Felix Slatkin mette in luce come uno stesso brano, per quanto arcifamoso al punto da risultare stucchevole alle orecchie di molti, possa offrire sempre angolazioni differenti e quindi sempre nuovi spunti di interesse. Mentre Slatkin ci offre una esecuzione che forse potremmo definire "normale", nella media, sia come fraseggio, sia come andamento, sia come agogica e dinamica, Previn - affidandosi ad un taglio esegetico anti-intuitivo e profondamente razionalista - sceglie un tempo infinitamente lento e cerca di modellare un sempre cangiante rubato sui diversi timbri dei vari strumenti (con effetto, per esempio, a tratti jazzistico).
In estrema sintesi si potrebbe affermare che mentre l’interpretazione di Slatkin si lascia apprezzare per la sua scattante ed ortodossa griglia ritmica, quella di Previn tende a contrapporvisi, mettendo in evidenza differenze, sfumature e cedimenti in spregio quasi totale della lettera, con un risultato senz’altro discutibile, ma che ha il merito di tentare di ovviare alla ripetitività di molte interpretazioni tra loro troppo simili e - in certa misura - (con buona pace dell’Autore) anche alla ripetitività del brano stesso.

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