Tra due (anzi tre) accordi

https://www.youtube.com/watch?v=KCXalr9IgPE&t=139s

Se si prende l'intervallo di tempo tra: 1) il penultimo accordo; 2) l'accordo pianissimo che fa da eco a quello che io chiamo il penultimo e 3) l'accordo conclusivo della cadenza del pianoforte, alla fine del primo movimento del primo concerto di Beethoven, suonato da Michelangeli, con Giulini sul podio, si avverte, in tutta la sua enorme portata, la voragine, la vertigine di fronte all'immensa potenza della natura, ciò che Kant definì come sublime nella Critica del giudizio. In questo caso, quando cioè l'artista riesce ad esprimere il sublime, si fa egli stesso natura e lascia gli spettatori sbalorditi di fronte ai propri prodigi come di fronte ad un'immensa voragine naturale. E si può altresì toccare con mano come i dettagli possano assumere (debbano assumere) un'immensa forza espressiva e come l'arte sia rendere vivo ciò che apparentemente è inerte. Mi riferisco al fatto che la distanza temporale tra questi tre ultimi suoni della cadenza (tempo) e la differenza dinamica tra gli stessi non possono in alcun modo, in tal caso, essere considerati due parametri separati in quanto costituiscono un blocco unico, o un evento unico di portata artistica incommensurabile.



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