I Romantici alle prese con la forma sonata
Beethoven
aveva portato ai massimi vertici la forma sonata, rendendola uno
strumento cardine di organizzazione formale, di drammatizzazione
musicale e rivestendola di un simbolismo morale evidentissimo.
I
Romantici, specie i primi, sentono il bisogno di affrontare
l’istituzione della forma sonata tentando altresì di armonizzarla
con le nuove istanze di espressione diretta del sentimento, di
aspirazione all’infinito, all’ombroso, allo sfumato. Dal punto di
vista formale, com’è noto, tale urgenza espressiva dei Romantici
si manifesta attraverso l’attenzione alla melodia, al colore del
suono, alla dinamica ed alle variazioni agogiche - scritte e non - all'interno del brano (rubato).
Sono
proprio questi nuovi strumenti formali a cozzare in vario modo con
l’estrema quadratura della forma sonata, apparato squisitamente
classico che presuppone una illuministica chiarezza di intenti. La
precisa definizione dei contorni delle varie sezioni della forma
sonata male si attaglia all’esigenza di infinito (e quindi di
indefinito) dei compositori romantici.
Così
Brahms, nella sua prima sinfonia, finisce col comprimere la sua
naturale vena melodica, quasi ossessionato da ogni possibile carenza
armonico-strutturale: il risultato è un eccesso di struttura, con
conseguente frustrazione del suo incoercibile desiderio di
melodizzare in modo caldo e pieno.
Schubert
nell’Incompiuta affronta lo stesso problema, ma giungendo a
conclusioni opposte: dà sfogo alla sua impareggiabile vena melodica
nell’esposizione, trovandosi poi quasi in imbarazzo nello
sviluppo, perché temi già di per sé così belli e di senso così
compiuto mal si prestano non solo ad uno sviluppo quale che sia, ma
anche ad una variazione. In Schubert troviamo spesso una sorta di coazione a ripetere, tanto che si può dire che i suoi temi siano il
centro di sé stessi.
Schumann,
è stato notato, aveva alcuni problemi con l’ottimale orchestrazione dei suoi lavori sinfonici e, a
riguardo, si possono profilare due ipotesi: la prima è che per un
eccessivo amore del colore l’Autore fosse portato a “riempire”
troppo l’orchestra, rendendone il suono non sempre molto chiaro; la
seconda è che la poetica schumanniana era di per sé destinata ad esprimersi in modo ridondante all’interno
di una struttura dall’impianto sistematico come la forma sonata.
L’eredità
sinfonica beethoveniana, qui già ingombrante, diverrà con i
tardoromantici rimpianto per un’era di perduta chiarezza
formale-morale. Si può interpretare in tal modo la riluttanza a concludere i movimenti sinfonici, propria di tutti i tardo-romantici, come Mahler, Bruckner: la forma finita si incontra e scontra con l'imprescindibile e malinconica aspirazione all'infinito dei tardo-romantici.
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