La nascita della suddivisione in movimenti di sonate e concerti

In un'ipotetica e fantasiosa (ma non troppo) ricostruzione storica, già in epoca barocca le sonate e i concerti per uno o più strumenti, nella loro suddivisione in movimenti con caratteri diversi tra loro, possono essere nati come trascrizione delle arie delle opere, che avevano carattere drammatico alcune (primo movimento), cantabile altre (secondo movimento), di bravura, o virtuosistiche altre ancora (ultimo movimento). Così afferma, per esempio, William S. Newmann in The sonata in the Baroque era, Chaper Hill, The University of North Carolina Press, 1959, p. 29, a proposito delle sonate di Handel e Steffani. I tipi di arie erano peraltro nel '700 molto numerosi e dettagliati, come attestato da Roberto Zanetti, ("La musica italiana nel settecento", in Storia della musica italiana da Sant'Ambrogio a noi, tomo primo, p. 335, nota). Tali trascrizioni strumentali della musica vocale avrebbero avuto la stessa funzione del disco, cioè di permettere di suonare - e così di riascoltare a piacimento in ambito domestico - il cuore di quanto veniva cantato e rappresentato nei teatri e in pubblico. Il tutto ovviamente liberato dalla parola e dal suo significato, dalla rappresentazione scenica, dalla trama, dai personaggi, dall'azione e da ogni aspetto visivo della musica. Così (forse) nacque anche la musica strumentale, sancendo il primato dell'intimità sull'esteriorità. O a volte avveniva anche il contrario (musica vocale che nasceva da preesistenti brani strumentali, ad esempio da sequenze di danze), come attestato in Rosemary Huges, "La musica per voci sole", p. 389, in Storia della Musica, L'età dell'illuminismo, The New Oxford History of Music, vol. VII, Milano, Garzanti, 1991 (edizione originale: Oxford University Press, 1973. Prima edizione italiana: Milano, Feltrinelli, 1976),

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