Il Luchesi di Plano

Sono contento del fatto che la marea montante delle esecuzioni pseudo-filologiche su strumenti d'epoca con presunto stile esecutivo d'epoca, da cui siamo stati invasi a partire da un certo periodo degli anni '90 fino a tutto il primo decennio degli anni duemila, inizi a mostrare la corda: sciocche e patetiche parodie di rappresentazioni storiche su strumenti inadeguati, il cui suono, fioco e sgradevole, spesso è inudibile e non soddisfa (sono tanti gli interpreti che vi si cimentano, alcuni anche eccellenti, ma il suono è brutto lo stesso).  Invece, le sonate Op. 1 di Andrea Luchesi suonate al pianoforte da Roberto Plano suonano in maniera convincente e mi fanno riallacciare il discorso ad altri post su tale argomento: l'utilizzo del pianoforte per la musica per tastiera di Autori (chi più, chi meno) appartenenti al periodo pre-pianistico è la scelta più indicata a rendere l'intimismo e il potenziale espressivo di tali composizioni. Vale lo stesso per il Bach di Gould, per il Domenico Scarlatti di Andrea Molteni, per il Benedetto Marcello di Andrea Bacchetti, per il Muzio Clementi di Aldo Antognazzi e di Claudio Colombo. L'operazione culturale attuata da questi interpreti è molto importante e attiene all'attualizzazione, all'approfondimento di una dimensione preromantica (o, come amo chiamarla io: romantica in senso a-storico) di questi brani. Un altro pregio di Plano e degli altri interpreti citati è il peso della serietà che riescono a dare all'Autore: analoga impresa si è avuta con lo Chopin di Pollini, con il Liszt di Arrau e con il Galuppi di Matteo Napoli.

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