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Fuori dagli schemi

Ciascuno a suo modo, Stravinski, Debussy e Ravel non rientrano nello schema dell’ascesa e declino della forma sonata e del sistema tonale, schema di area germanica che va da Beethoven e Schoenberg. In Debussy, con l’invenzione - tra l’altro - della scala pentatonica, assistiamo alla creazione di una musica che non ha un centro tonale, ma non è dissonante come quella dello Schoenberg sia ante sia post atonale. Oltre ad essere sostenuta da un programma (es.: La mer ) di tipo pittorico-naturalistico, teso a vivere, più che a descrivere la natura, la musica di Debussy è caratterizzata, dal punto di vista formale, dall’assenza di continuità e dall’essere una musica del “qui” e dell’”ora”, che nasce e muore ad ogni istante. Ravel si pone al di fuori dello schema classico rimanendo però più ancorato, rispetto a Debussy, alla tonalità, alla melodia e alla geometria della forma. Una peculiarità di molte sue composizioni (p. es. il concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra, o

Gli incontaminati cieli barocchi della Durnitz

Non meraviglia che Gould tenesse in grandissimo conto la Sonata per pianoforte K. 284 di Mozart, dal momento che in essa il maestro salisburghese si limita a riproporre in tutta la sua lussureggiante completezza il repertorio di atteggiamenti melodico-armonici tipici della sonata barocca. La struttura formale, e in particolare armonica, riveste notevole importanza nella Dürnitz , a scapito dell’edonismo sonoro e della melodia, dai quali, infatti, Gould nella sua esecuzione riesce agevolmente a prescindere. La molteplicità di atteggiamenti vitali proposti nel Tema e variazioni  ci fa passare con rapidità, nelle variazioni, da un universo all’altro, senza soluzione di continuità, senza pretesti formali, né agganci più o meno artificiosi: è questa una sonata spudoratamente barocca nella forma e pudicamente antiedonista nello spirito che la anima. La continuità è data dall’insieme, dal giustapporsi di queste vedute sulla vita (quasi che ogni variazione fosse una finestra da cui guard

Una teoria di molti anni fa

CALORE, FREDDEZZA E “CRITERIO DELL’ADERENZA”: UNA TEORIA SULL’INTERPRETAZIONE MUSICALE Fin dai tempi di Mendelssohn e di Wagner la grande distinzione tra i vari tipi di interpreti è sempre stata tra interpreti freddi e interpreti caldi. Al di là di ogni possibile sfumatura, verificata di volta in volta con maggiore o minore acume da questo o quel critico musicale, la prima preoccupazione è inquadrare l’interprete nell’una o nell’altra categoria: freddo o romantico? Coinvolto o distaccato? La difficoltà a riflettere in modo sereno e allo stesso tempo smagato sulla validità di una simile impostazione critica è accentuata dal fatto che pressoché tutti gli interpreti, se interrogati sull’argomento, amano dare di sé l’immagine dell’interprete quanto più caldo e romantico possibile. Il motivo di un simile atteggiamento (che rischia tra l’altro di indurre chi voglia porsi in termini più seri la questione della validità di un simile criterio di valutazione a lasciar p

Beethoven, Brahms e la forma sonata

In Beethoven la composizione vive grazie alla forma sonata, in Brahms nonostante la forma sonata. Sembra schematico eppure c'è un fondo di verità.   In Brahms la vita formicola al di fuori delle maglie strutturali, balugina in lampi isolati, seppur resi omogenei al tutto dalla maestria tecnica del compositore; ma le ragioni che li reggono e che danno loro vita trascendono gli schemi, sono ragioni di una passionalità giovanile e tracimante. In Beethoven, al contrario, la vita della composizione nasce dall'identificazione con quegli schemi, per questo, come dice   Bernstein, il fulcro delle sue composizioni è lo sviluppo. In barba alle istanze strutturali che pure lui stesso cercava con ogni impegno di soddisfare, sono i temi femminili (ecco cosa intendo per "lampi isolati") di Brahms quelli nei quali il sublime fa irruzione. Ad esempio prima della coda del quarto movimento del quintetto con pianoforte, quando gli archi intonano un tema di una belle

Scritti sulla musica (2016)

 Introduzione: per un'Estetica regionale Per Estetica si intende la scienza del bello (è una branca della filosofia ). Per estetica regionale s'intende una concezione ed una modalità di esercizio dell'estetica che mira a mappare le diverse regioni del bello. Il presupposto teorico che sta a monte dell'estetica regionale (e di questi scritti) è che nelle arti in generale (qui si tratterà della musica), ciascun'opera (brano) “punti verso” o sia la “rappresentanza” di una regione dell'universo estetico; che ciascun brano rappresenti una regione dell'universo estetico, connotata in modo univoco; che si possa di conseguenza fare una mappa delle diverse regioni estetiche, calcolandone distanza e posizione; che questa mappa, questo insieme di regioni estetiche differenziate e contigue siano un mondo parallelo (l'universo estetico, appunto); che quindi, più precisamente, le regioni estetiche del mondo parallelo rappresentino sé stesse nei vari brani