Il pedale, l'ostinato, la coda, la cadenza e il moto perpetuo come conversione estetica dell'insistenza

Il pedale e l'ostinato svolgono un ruolo molto importante, così come la coda, il moto perpetuo, la cadenza e altre figure stilistiche consimili, nel convertire esteticamente nella bellezza il paradigma umano dell'insistenza parossistica (altrettanto nel genere del Tema e variazioni che merita discorso approfondito). Ciò spiega il motivo dell'utilizzo a piene mani di simili strumenti stilistici fin dall'antichità. Da un lato, tali strumenti richiamano un atteggiamento mentale e vitale pervasivo, invadente nell'esistenza umana, spesso non in forme positive o piacevoli (si potrebbe dire quasi "infestante"), dall'altro il piacere consiste proprio nel convertire tali atteggiamenti in uno strumento o in un ornamento al servizio del bello nell'arte. In tale tradizione si inserisce per esempio la cadenza del primo movimento del Concerto brandeburghese n. 5 di Bach: si tratta di una conversione estetica del gusto per l'esagerazione linguistica, della logorrea (qualcuno che dovrebbe finire di parlare e invece non la finisce più, non molla la presa, non lascia andare gli astanti, inizia alla fine e inanella nuovi discorsi uno in fila all'altro proprio sul finire di un incontro, quando tutti sono stanchi e stavano per andarsene e prova evidentemente piacere in questo, nel bloccarli, nell'impedire il congedo). Altro esempio, tra mille, di tal genere, è la coda del primo movimento dell'Ottava sinfonia di Beethoven. E' vero, d'altro canto, che la coda nel periodo classico e in particolare nella forma sonata ha, oltreché una caratteristica di riepilogo, anche spesso un carattere di sorpresa e di riproposizione sotto una nuova luce dei temi o del tenore generale del movimento. Un esempio mirabolante di quest'ultimo tipo è la coda del primo movimento della Quarta sinfonia di Tchaikovsky. (Per alcuni cenni sull'origine storica della cadenza, in un significato a mio avviso non dissimile da quanto sopra esposto, cfr., p. es., Flavio Testi, Storia della musica italiana da Sant'Ambrogio a noi, 1972, Milano, Bramante Editrice, La musica italiana nel seicento, tomo secondo, p. 418, che cita, di A. Berardi, Documenti armonici, Bologna, 1687, p. 18 a proposito dei brani detti "perfidie", quali tipi di brani - e relativo termine linguistico - "con cui s'intende continuare un passo a capriccio del Compositore". Cfr. anche DEUMM, di UTET, Torino, 1984, "Il lessico", tomo terzo, p. 590).

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