Il tratto inconscio dell'esecutore

Con esito dovuto a frammiste influenze, l'una volontaria e derivante dalla concezione poetica del brano eseguito secondo la visione e le intenzioni dell'esecutore (al netto dello scarto esistente tra la visione interiore dell'esecutore e gli strumenti e impedimenti dell'esecuzione stessa), l'altra inconscia, quale espressione, tra l'altro, anche dei conflitti tra l'Io dell'esecutore e il suo mondo pulsionale, l'interpretazione, che pure deve avere quale obiettivo la coincidenza con le intenzioni dell'Autore, ricercate con l'ausilio della lettera e della notazione dell'Autore stesso, nonché con l'apporto di conoscenze stilistiche quanto più vaste possibile, è il terminale di un processo complesso e inestricabile, tale per cui per ogni grammo di musica suonata occorrerebbero idealmente tonnellate di carta per descriverla. Così, tra le varie letture possibili di un'esecuzione, vi è anche quella della personalità dell'esecutore che si esprime attraverso l'esecuzione stessa, ma tale lettura - a sua volta - non può prescindere da una prospettiva estetologica quale condizione fondante. Così come, a sua volta, la prospettiva estetologica è condizionata dal vissuto dell'ascoltatore che può subire notevoli influenze per via degli stessi fattori che si accompagnano all'esecuzione dell'interprete. Non è da escludersi, inoltre (anzi, ciò in senso psicoanalitico sarebbe proprio da prevedere) che i due inconsci - quello dell'interprete e quello dell'ascoltatore - si parlino e comunichino, anche in senso negativo o positivo, al pari dei due versanti razionali consistenti nella concezione estetologica diurna, conscia dell'interprete e dell'ascoltatore. Né è da sottovalutare il fatto che precisamente il versante conscio, razionale e diurno dell'interpretazione (sia dell'interprete, sia dell'ascoltatore che insieme a lui interpreta) è volto in gran parte a sviscerare (come farebbe uno psicoterapeuta) il versante inconscio, potenzialmente conflittuale o comunque non privo di interferenze del brano, oltreché come prodotto artistico, in sé dotato di autonomo valore estetico, anche, in parte, inevitabilmente, quale riflesso della personalità del compositore. Comunque, a parità di altri (infiniti) fattori, alcune esecuzioni sembrano cogliere maggiormente nel segno della bellezza, perché l'esecutore pare non solo più in armonia con il brano, ma anche con sé stesso, sia in relazione a come sente suo quel particolare brano, sia in assoluto, quale tratto della sua personalità umana ed artistica nel momento dell'esecuzione, dove questo essere in armonia si colora di infinite sfumature e possibili varianti, tutte perfettamente legittime, anche al netto di quanto l'interpretazione in sé risulti particolarmente azzeccata. Quella sopra descritta è una riflessione (e un campo di ricerca) che si situa su di un terreno di confine, posto tra l'estetica, la fenomenologia, la teoria dell'interpretazione, la psicologia, la psicoanalisi in funzione dell'arte e l'esecuzione musicale come metodo di interpretazione psicologico e psicoanalitico della personalità dell'esecutore, del compositore, dell'ascoltatore (quest'ultimo tipo di interpretazione è a sua volta distinguibile nella sua doppia valenza di autoanalisi, nel caso in cui l'ascoltatore siamo noi stessi e di analisi, nel caso in cui l'ascoltatore sia qualcun altro). Ulteriori, analoghe riflessioni, oltre che qui sul blog, in alcuni dei miei testi.

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