Sinopoli nei Quadri di un'esposizione di Musorgskij-Ravel

Se dovessimo distinguere tra direttori d'orchestra concertatori e interpreti, Sinopoli farebbe parte del secondo gruppo. Per i primi è meglio sacrificare una percentuale di espressività e caratterizzazione, in favore dell'accuratezza esecutiva e per i secondi il contrario. In entrambi i casi, quando vi è troppo sbilanciamento, non si potrà raggiungere un buon risultato: il direttore ideale tiene interamente a tutti e due gli aspetti. Se il concertatore osa troppo poco a livello interpretativo, la sua accuratezza sarà vana e di bassa lega. Se l'interprete cura troppo poco la precisione dei dettagli esecutivi, la sua espressione ne risentirà pesantemente. Sinopoli diede un optimum con questa versione dei Quadri, perché si sente il lavoro di precisione ed accuratezza, accanto alla sua genialità interpretativa (profondo, sottile, trascendentale, estatico, inquietante, netto, sono solo alcuni degli aggettivi che possono suggerire alla lontana la sua arte di grande interprete). Qui Sinopoli si supera soprattutto nell'ultimo quadro, a partire dal momento in cui gli ottoni iniziano a riepilogare, all'unisono, l'intero poema sionfonico. Ed è proprio la capacità di Sinopoli  di infondere agli ottoni energia lacerante e inesorabile, stabile, ma in movimento (come il destino della quinta di Beethoven o della quarta di Ciaikovsky) che rende questo finale così sconvolgente.

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