Post

L'interpretazione di Gould del secondo movimento del concerto italiano di Bach

Lontano dalle fole pseudo-filologiche delle esecuzioni su strumenti d'epoca e con presunto stile esecutivo dell'epoca, che più tardi trionfarono, Gould registrò questo movimento del concerto consapevole del fatto che lo stile italiano di Bach è tutt'affatto astratto: è una stilizzazione, un'interiorizzazione, una simbolizzazione, un'esotizzazione di un presunto stile italiano (che non esiste). Parimenti, eseguendolo al pianoforte (come eseguì al pianoforte tutto il resto della musica di Bach), Gould dimostrò che non era il timbro dell'epoca che a Bach interessava, ma il timbro astratto della pura perfezione.

Problemi di ricezione di Sibelius

Perché Abbado (nessuna incisione e dichiarazioni di "non amore", v., p. es., la conferenza stampa riportata da Repubblica, del dicembre 1989, in occasione della sua nomina a direttore dei Berliner ) e Boulez (nessuna incisione) non amavano Sibelius? Probabilmente per le medesime ragioni che diedero luogo alla scomunica di Sibelius da parte di Theodor W. Adorno (Cfr., p.es., di Adorno, Introduzione alla sociologia della musica,  Giulio Einaudi Editore, Torino, 1971, pp. 181, 210, 258; Tit. Orig.:  Einleitung in die Musiksoziologie. Zwolf theoretische Vorlesungen , 1962, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main). Invece Bernstein (incisione del ciclo completo delle sinfonie e altro, come, ad esempio la puntata dedicata a Sibelius nell'ambito dei New York Philarmonic Young People's Concerts, del 19 febbraio 1965 ) e Maazel (due incisioni complete del ciclo delle sinfonie, una con i Wiener negli anni '60 del '900 e l'altra con la Pittsburgh Symphony Orchestra negli

Il minuetto della seconda Suite dall'Arlesiana di Bizet

Mentre il flautista della "Royal Family" (con Beecham sul podio, Royal Philarmonic, 1957) dà un'interpretazione perfetta, ma stona appena si aggiunge all'unisono l'oboe (ma è l'unico a suonare da piano a pianissimo dall'inizio alla fine), Galway con i Berliner (1977) fa il suo solito vibrato sulle note acute, in stile belcantistico (che però in casi come questo sta malissimo, perché non c'entra niente con lo stile del brano). Ozawa con l'Orchestre National de France (1983) adotta un andamento troppo lento e con un fraseggio scolastico. Bernstein, con la New York Philarmonic Orchestra, pretende dal flauto un vibrato fuori luogo (per rendere più passionale il brano, ma la passionalità con questo brano non c'entra) che lo porta anche a fargli semi-scrocchiare qualche nota, mentre Pahud (2010), con la Rotterdam Philarmonic Orchestra adotta uno stile vicino al flauto della Royal Philarmonic Orchestra, ma come al solito in modo un po' troppo rice

Coda dell'ultimo movimento dell'Appassionata di Beethoven: la versione di Kempff

La versione di Kempff 1965, pur non staccando in modo sorprendente tramite variazione agogica, come in Backhaus, risulta staccare tramite una sorprendente resa melodico-corale: il sale della coda, ossia la sorpresa, ne risulta salvo.

Nessun problema con Bizet

L'arte asciutta, musicalmente cristallina non è mai stata di moda presso gli storici della musica. Questi sono attratti da valori extramusicali, dalla musica vocale, da significati ideologici (la trama, il dramma, il libretto, il loro significato letterale o simbolico, le influenze sociali, politiche, la personalità e la vita privata del compositore, ecc...). D'altro canto, i valori assegnati alla musica "pura", quella puramente strumentale, sono stati monopolizzati da figure del classicismo tedesco, in primis Beethoven, anche ad opera dei teorici di estetica musicale, oltreché da parte degli storici. Ne risulta che l'universo dei valori musicali è male abbozzato e perennemente commisto a una preminenza di valori di tipo linguistico, anche per via di una loro più immediata comprensione, nonché trascrizione in testi storici o enciclopedici. Ecco perché sussistono scotomi inquietanti nella considerazione tributata a composizioni, linee culturali e dimensioni estetic

Stile Kempff e stile Festival di Marlboro

Il primo caratterizzato da lentezza, drammaticità, colore bruno del suono. Il secondo tutto vivacità ritmica, chiarezza del suono e leggerezza di fraseggio. Il primo caratterizza le interpretazioni dei concerti di Mozart di Kempff, il secondo quelle di Perahia. Indimenticabile Kempff nel n. 21 (per il rispetto della scansione ritmica e la preminenza del ruolo dell'orchestra, grazie anche a Bernhard Klee) e Perahia nel n. 22 (per la sua interpretazione dell'Andante).

Il suono e il ritmo: due registrazioni della Symphonie fantastique di Berlioz a confronto

Dutoit con l'Orchestre Symphonique de Montréal, 1984, offre una versione in cui la voluttà e il mistero del suono creano il sogno, realizzando in tal modo il programma della Fantastique. Si tratta di un suono paragonabile per qualità a quello di lussureggiante bellezza dei Berliner dello stesso periodo storico. Ritmicamente è molto piatta, come esecuzione, convenzionale. Mehta con la London Philarmonic Orchestra, 1993, suscita invece prima il sogno e poi l'incubo, con chiaro stacco narrativo e preciso  climax drammatico, tramite un'agogica di tipo demoniaco, in un'interpretazione in cui ad essere centrale è il ritmo.

Il Palazzo incantato di Luigi Rossi

Se non ci fossero stati incidenti con le macchine di scena alla prima, il pubblico avrebbe maggiormente gradito anche l'espressione di un unico sentimento (teoria degli affetti applicata alla lirica)? Avrebbe poi gradito anche il modo minore e l'espressione dell'unico sentimento della tristezza? La lirica sarebbe potuta forse andare in altra direzione, meno drammatica e meno belcantistica? Difficile crederlo, ma certo la musica di quest'opera così criticata come noiosa trasporta in altro mondo, molto remoto, in modo tale che anche la sua andatura processionale e omoritmica (quella sì un po' monocorde) riesce digeribile (cfr. Flavio Testi,  La musica italiana nel Seicento , Bramante Editore, 1970, p. 165, in Storia della musica italiana da Sant'Ambrogio a noi , Bramante Editore).

Due parole sugli 8 studi per pianoforte, Op. 42 di Scriabin

In un alveo espressivo e stilistico schiettamente romantico e che a tratti ricorda esplicitamente lo Chopin degli Studi , Scriabin fornisce qui un esempio di come qualsiasi buona musica, indipendentemente dall'etichetta (spesso quindi proprio in brani e generi come questo che in un'ottica storico-musicale di tipo evoluzionistico sono considerati "di formazione", pertanto minori), anzi, forse proprio grazie all'etichetta o all'insegna misconosciuta o minore, ha modo comunque di esprimere sé stessa, al riparo da qualsiasi pretesa di tipo monumentale (nella quale pretesa,  invece, prima o poi quasi ogni compositore incorre).

Che cos'è Mysterium di Scriabin

 Può essere preso da tre versanti: 1) E' un'opera messianica, escatologica, mistica, non scevra di nietzschianesimo superomistico (ma meno di quanto ne sia intriso Le Poème de l'extase ), con pretese di monumentalità tardoromantica e di esperienza totalizzante di tipo wagneriano. 2) E' un'opera dai confini armonici in perenne sollevazione e confusione, ambigui e contraddittori e pertanto è affine alla Nuova Musica del '900, anche se non è né musica espressionistica (né nella tecnica compositiva, né nella sostanza espressiva), né prettamente o esclusivamente atonale, né dodecafonica. 3) E' un'opera bizzarra e in quanto tale non inquadrabile (quest'ultima è forse la sua caratteristica migliore). E' quanto di più simile, nella musica classica, al genere della fantascienza nella cinematografia.

A proposito di Horowitz

Per quanto riguarda Horowitz, è improprio parlare solo di tecnica o di virtuosismo. Nemmeno la ricerca dell'effetto, o l'esibizionismo, sono i fattori principali. Spesso ci si impunta erroneamente su di una presunta e artificiosa contrapposizione tra chi suona per lo strumento e chi per la musica che esegue. In realtà, in musicisti come Horowitz (al pari di Rampal per il flauto e per certi versi di Karajan con la sua orchestra) ciò che colpisce è l'espressione. Ossia, non possono eseguire nulla senza essere espressivi, senza rendere, di ogni passo di ogni brano, un'espressività che consiste quindi, alla prova dei fatti, in una ricerca metafisica di natura prettamente musicale. Ossia, la musica esiste solo in quanto esprime. Può sembrare un approccio sempre portato in avanti, all'attacco, esposto, mai fermo alla lettera. La lettera, in effetti, per tali musicisti non esiste: non esiste cioè alcun testo da svelare con un'operazione di interpretazione sovrapposta,

Leitmotiv

Uno si aspetterebbe che i leitmotiv (melodie associate ai personaggi di un'opera o a simboli e situazioni ricorrenti nell'opera stessa) fossero un'invenzione di Wagner, quindi della seconda metà dell''800 e invece no, risalgono perlomeno all' Eumelio di Agostino Agazzari, del 1606, come sembrerebbe evincersi da ciò che afferma Flavio Testi alle pp. 126-127 del primo dei due tomi dedicati al '600 della Storia della musica italiana da S. Ambrogio a noi ( La musica italiana nel Seicento , Ed. Bramante, 1972), nel riportare una descrizione del fenomeno (melodie associate ai personaggi) di Nino Pirrotta, alla voce "Agazzari" dell' Enciclopedia dello spettacolo (Roma, 1954).

La verità all'indietro

Come nel caso di Schoenberg che probabilmente inventò la dodecafonia per proteggere il nucleo romantico della sua musica dalla possibile somiglianza della sua musica e della musica in generale con gli orrori della musica di propaganda (in quanto il linguaggio della musica orecchiabile era stato completamente strumentalizzato e asservito, occorreva inventare una musica incomprensibile), così Scriabin (analogamente in fuga dallo schietto linguaggio romantico per motivi che dal punto di vista storico musicale non sono altrettanto chiari) passò presto da un linguaggio romantico a un involuto linguaggio misticheggiante che troviamo in molte delle sue opere mature e tarde per pianoforte e anche nell'indimenticabile  Poema dell'estasi e nell'incompiuto  Mysterium  (quest'ultimo è un vero e proprio affascinante e delirante pasticcio). Per entrambi gli Autori potremmo affermare che la verità si trova all'indietro, in quanto alcune tra le prime loro opere mostrano sincera

Due parole sugli Studi di esecuzione trascendentale S139 di Liszt (Arrau 1974/1976)

Si delinea qui un progetto culturale in qualche modo analogo e affine a quello messo in atto da Pollini con Chopin a partire dalla sua incisione degli Studi Op. 10 e Op. 25 del 1972 e cioè l'approfondimento dell'Autore e la sua elevazione al rango dei grandissimi. In particolare colpisce, di Arrau, l'interpretazione degli studi n. 9, 10, 11 e 12, come se vi fosse un crescendo di profondità dal primo all'ultimo studio della serie, con un incremento esponenziale negli ultimi.

Le riduzioni per pianoforte di alcuni brani di Wagner da parte di Glenn Gould

Riduzione di che cosa? Della monumentalità. Riduzione della monumentalità oscura e sua trasformazione in limpido intimismo estetico, fruibile ad uso domestico. Tale appare l'operazione effettuata da Gould come trascrittore e interprete del preludio del primo atto dei Maestri cantori di Norimberga  e di brani del Crepuscolo degli dei  di Wagner.

Chopinizzazione di Liszt

 Poiché Liszt ha scritto centinaia di brani diversi e ha attraversato diverse fasi creative, a seconda del tipo di programma scelto dall'esecutore viene fornita un'interpretazione e una versione culturale completamente diversa di questo Autore. Nel caso delle incisioni di Lilia Zilberstein 1996, di Valentina Lisitsa 2013, nonché, in parte, di Khatia Buniatishvili 2011, vengono fornite interpretazioni di Liszt, tramite la scelta del programma offerto, che oscillano tra il religioso e il salottiero, escludendo in parte il Liszt più d'avanguardia (ricercatore) o quello più inquietante (del parossismo stilistico e virtuosistico). Sembra quasi che prevalga, nella scelta dei programmi di cui sopra (l'importanza della scelta dei brani, ossia del programma, per la storia della cultura, è fuori discussione, cfr., p.es., di Piero Rattalino,  Piano recital: l'evoluzione del gusto musicale attraverso la storia del programma da concerto , 1992)  una visione personale di tipo irr

Liszt: Berceuse (seconda versione) S174b/R57b

 In brani come questo di Liszt (come anche in alcune delle migliori pagine di Scriabin), si intravvede per un istante la presa di possesso dell'inconcepibile e la sua espressione.

Schubert: Impromptu n. 1 per pianoforte in do minore, D 899 (Op. 90)

Così Glenn Gould su Schubert: "...anche se a molti sembrerà un'eresia, sono ben lungi dall'essere un patito di Schubert e faccio fatica ad abituarmi alle strutture ripetitive tipiche di gran parte della sua musica; l'idea di dover star fermo ad ascoltare i suoi interminabili tentativi mi irrita spaventosamente, è una tortura". (in No, non sono un eccentrico, Torino, EDT, 1989, p. 117; tit. Orig.: Non, je ne suis pas du tout un excentrique, 1986, Librairie Artheme Fayard ; da " Week-end Magazine ", 1956 ). Devo dire che, da profano del pianoforte, concordo con tale giudizio, con particolare, ma non esclusivo riguardo per la musica pianistica (suppongo che il giudizio di Gould si estendesse all'intera musica di Schubert, che del resto in molti luoghi presenta le caratteristiche sopra descritte). Ciò premesso (e aggiungerei anche, quali motivi di disagio per l'ascoltatore di Schubert, il suo continuo utilizzo del contrasto tra piano  e forte  e dell

Ouverture del King Manfred di Carl Reinecke

Genere meraviglioso, che permette di prefigurarsi l'intero dramma di un'opera lirica, senza essere costretti a sorbirsela, ma bensì godendola nei suoi puri valori musicali, ossia puramente strumentali, l'ouverture non si smentisce nel caso dell'opera in oggetto, di Reinecke. L'opera per intero verrà incisa probabilmente tra molto tempo (o mai), e non perché sia peggiore di molte altre, iper-rappresentate, di altri autori, ma solo perché vittima di una congiuntura sfavorevole o di una tradizione meno consolidata. Salvata dall'oblio con un paio d'incisioni, la sola ouverture basta e avanza: così l'ascoltatore può immaginarsi un'opera bellissima.

Il problema della fuggevolezza del tempo (del bello) in musica e la ripetitività come risposta

Il problema in oggetto è ciò che ha relegato la musica al gradino più basso delle arti, perché posso fermarmi a guardare una statua e un quadro e fermarmi a riflettere mentre sto leggendo un passo di una poesia o di un romanzo, ma non posso contemplare con pari tranquillità un passo musicale, se non riascoltandolo. Pertanto la ripetizione è l'unica risposta al problema.

Una promessa mancata

Riascoltando la seconda sinfonia di Carl Reinecke (primo movimento), si fatica a scacciare l'impressione che, date le premesse boschive e fiabesche, la promessa di una grande storia romantica risulti tradita dall'Autore, perché non si esce mai da un ambito esclusivamente eufonico, intrappolati tra due false versioni di Mendelssohn e Brahms. Manca anche l'elemento dialettico (lo sviluppo non si avverte), sicché il romanticismo ne risulta più decorativo che epico. Anche l'elemento sentimentale del romanticismo (a tacere di quello sensuale) è raffrenato, non venendo peraltro sostituito a sufficienza da una componente magica e misteriosa. Ciò ovviamente a confronto con le opere migliori di Reinecke, perché sul suo essere autore romantico non vi sono dubbi.

Solo per flauto e basso continuo (clavicembalo) della prima parte della Tafelmusik di Telemann

A volte piccoli gesti hanno una portata stilistica rivoluzionaria. In aperta opposizione allo stile esecutivo di J.P. Rampal, tutto legato, fluido e incentrato sull'imitazione - da parte del flauto - della voce umana (la quale a sua volta, secondo l'estetica settecentesca, doveva essere imitazione della natura), Jed Wentz (1988) stacca la nota di arrivo di scale e appoggiature (p. es. all'inizio del brano, nell'entrata del flauto, subito dopo la bellissima introduzione del clavicembalo e poi alla fine del brano). Rivoluzionario, rispetto all'eredità dei grandi flautisti del '900, è anche il rifiuto del virtuosismo come matrice interpretativa (anch'esso derivato dal canto, o meglio dalla tradizione belcantistica). Di sicuro, in brani come questo, risulta un approccio nuovo e molto convincente, specialmente perché, a differenza di molte altre esecuzioni su strumenti d'epoca e filologicamente corrette, il suono del flauto non risulta afono e sgradevole.

Grande Storia Universale della Musica Strumentale in Modo Minore

È attesa l'uscita di tale opera fondamentale, probabilmente in 20 volumi di mille pagine ciascuno. Non ne è del tutto chiaro invece l'intento: sembrerebbe infatti, se non impossibile, quanto meno arduo racchiudere un universo come quello del titolo in così poche pagine.

Sonata per tastiera in re minore Illy 34 di Galuppi

In un'esecuzione impreziosita da raffinatezze di per sé artistiche (Matteo Napoli, 2009, Naxos), il primo movimento di questa sonata di Galuppi ricorda lo stato di grazia di Glenn Gould nell'interpretazione (1971) del primo movimento della Suite inglese in la minore di J.S. Bach, con in più la delizia della presenza e della differenziazione delle appoggiature nella sonata di Galuppi e invece, nella Suite bachiana, la delizia della proposizione di un meccanismo che non trova sosta nelle sue geometrie universali.

Dietro l'angolo

Dietro l'angolo si trovano il secondo movimento del quartetto di Haydn, Op. 9, n. 4 (dopo il primo, struggente movimento dello stesso quartetto) e il secondo movimento del quartetto di Haydn, Op. 20, n. 5 (dopo il primo, struggente movimento dello stesso quartetto). Se appaiano fenomenologicamente tali (cioè dietro l'angolo) per come sono fatti e che cos'abbiano in comune e se quel qualcosa in comune riferito alla loro struttura esteriore (una sorta di valzer storto e singhiozzante) abbia veramente a che fare con il loro essere dietro l'angolo, o se invece a renderli tali (dietro l'angolo) sia invece (e in che modo e in che misura) la loro posizione di secondo movimento collocato dopo due tra i più bei primi movimenti dei quartetti haydniani (ma anche il primo movimento del quartetto Op. 17, n. 4 ha un'aura simile, struggente, eppure non è seguito da un movimento del tipo "dietro l'angolo"), è difficile a dirsi. Non esiste, in alcuni casi, una spie

234124

Nella Grande Storia Universale della Musica Strumentale di Algesio Erbi (20 tomi di 1.000 pagine ciascuno) leggo: Op. 9, n. 2, terzo movimento e Op. 9, n. 4, primo, secondo e quarto movimento (il riferimento è ai quartetti di Haydn) come esempi sommi di bellezza senza appesantimento della forma: singolare come si ricerchi la leggerezza in un'opera, quella di Erbi, peraltro molto pesante.

Il quartetto per archi in Re minore, Op. 76, n. 2 di Haydn

Quando Charles Rosen nel suo Stile classico deplorò come confusa quella splendida epoca della storia della musica che va sotto il nome di stile pre-classico o Empfindsamer Stil (Stile sensibile, o sentimentale), più o meno identificabile con gli anni '60 del '700, e identificabile - tra le altre opere di vario genere e autori vari - nei misconosciuti quartetti Op. 9 di Haydn e in parte in quelli dell'Op. 17 e dell'Op. 20 , non tenne conto della noia data dall'eccesso di simmetria, di cui i primi movimenti del tardo quartetto di Haydn in esame sono un esempio. Di tutto il quartetto si salvano il breve e apodittico terzo movimento, e l'ultimo, per la sua aura di Sturm Und Drang , mentre i primi due rappresentano una simmetria che di per sé dice poco.

La prima sinfonia di Mendelssohn

Proprio negli stessi anni in cui Beethoven, in base a un'estetica evoluzionistica e monumentale (ogni sinfonia dev'essere più lunga, significativa, impegnativa e monumentale della precedente), sia pure perseguita in modo non lineare (in base alla cosiddetta teoria della diversità delle sinfonie pari e dispari in Beethoven, coniata da alcuni musicologi) componeva la sua nona sinfonia, Mendelssohn componeva la sua prima sinfonia: di proporzioni equilibrate, drammatica, snella ed elegante, con uno stile che, secondo un metro di paragone con le sinfonie beethoveniane, potrebbe collocarsi tra la prima e la seconda sinfonia di Beethoven (quindi, in base ad una logica evoluzionistica, "indietro di venticinque anni"). In merito alla leggerezza, la prima sinfonia di Mendelssohn è da considerarsi storicamente più promettente della nona di Beethoven.

Romantico felice? Un'analisi estetica del quartetto in fa minore, Op. 80, di Mendelssohn

Ad un primo movimento dalla drammaticità concitata e addirittura straziante nello sviluppo, non segue una parentesi lirica, ma bensì un secondo movimento che costituisce quasi il secondo tempo del dramma. L'ultimo movimento riprende e rafforza il climax di concitazione, quasi che l'Autore si fosse prodigato nel superare sé stesso e nel dimostrare una capacità espressiva di segno opposto rispetto ai luoghi comuni sul suo stile.

Il secondo movimento del terzo quartetto, Op. 44 di Mendelssohn

Il moto perpetuo in ritmo di saltarello, analogo a quello del quarto movimento della sinfonia Italiana, in un brano in forma di scherzo con struttura di rondò (ABA), è qui più vellutato che nella sinfonia e le note ribattute, in particolare del violoncello, ricordano le onde del mare e a tratti anche quell'atmosfera soffusa e frenetica che ha reso celebre lo scherzo del Sogno di una notte di mezza estate .

Tre versioni del terzo movimento della Suite lirica di Berg

Secondo un approccio interpretativo di tipo fenomenologico-psicoanalitico (osservazione del fenomeno-ascolto del vissuto), nella versione del brano del quartetto Lasalle 1971, si sente lo stacco di due episodi, in cui gli strumenti imitano un'inquietante pioggia ("come ci si sente, quando questa ci sorprende", in termini fenomenologico-psicoanalitici). Nella versione del quartetto Juilliard 1970, l'espressionismo non risulta pervenuto ("è solo piacevole la sera là fuori", in termini fenomenologico-psicoanalitici). In quella dello Schoenberg Quartet del 2000-2001, non si nota né la piacevolezza estetizzante della versione del quartetto Juilliard 1970, né il vissuto espressionistico così chiaro della versione del quartetto Lasalle 1971 ("non si riesce a cavare una forma", in termini fenomenologico-psicoanalitici).

La superiorità estetica del quartetto per archi rispetto ad altri generi di musica strumentale

Scrive l'immaginario critico musicale Algesio Erbi, nella sua Grande storia universale del quartetto d'archi : "Data per presupposta la superiorità della musica strumentale su quella vocale, per tutte le ragioni indicate da quegli Autori dell''800 passati in rassegna così bene da Carl Dahlhaus nel suo L'idea di musica assoluta (Firenze, La nuova Italia, 1988, Tit. Orig.: Die Idee der Absoluten Musik , Kassel, 1976), possiamo tranquillamente affermare anche la superiorità estetica del quartetto d'archi rispetto ad altri generi di musica strumentale. Rispetto alla sinfonia, il quartetto presenta il vantaggio di rendere pressoché impossibile il ricorso da parte del compositore alla retorica magniloquente: quanto deve durare un movimento, prima di morire di noia? Quanto deve essere prolungato un crescendo, prima di chiamare un'ambulanza? Quanto dev'essere forte un tutti, prima di chiedere un risarcimento per possibili danni all'udito? Con buona pa

Il primo movimento del terzo quartetto per archi di Cherubini

Qui il piglio del tema principale riguarda molto da vicino lo Sturm Und Drang e in particolare i primi movimenti dei quartetti in modo minore dell'Haydn della misconosciuta Op. 9 e dell'Op. 20, con il loro stile teso e drammatico.

Il secondo quartetto per archi di Cherubini

Il finale del primo movimento, con la coda che ritarda oltre misura la ricaduta sulla tonica, ricorda ancora il finale del primo movimento dell'ottava sinfonia di Beethoven. Lo scherzo - in forma di rondò di tipo particolare - ha per tema iniziale e finale del movimento un moto perpetuo e per tema centrale, nel trio, una melodia ribattuta e pigolante del violino sullo sfondo di pizzicati (che fa lo strano effetto di un involucro che tiene prigioniero un essere minuto). Il movimento finale è tra i più robusti esempi di brano incisivo e drammatico. Non saprei qualificare lo stile di tale quartetto, se non coniando il neologismo della categoria dell'"ultraclassico".

Due Scherzi di Cherubini

Il primo è quello del primo quartetto per archi, che consiste in un rondò in cui, a una bella nenia popolare dal sapore del sud Italia, si alternano alcuni episodi, tra i quali spicca un moto perpetuo in pianissimo, con un pizzicato sullo sfondo, che ricorda lo scherzo del Sogno di una notte di mezza estate di Mendelssohn. L'altro è lo Scherzo del quarto quartetto per archi, in cui il moto perpetuo al centro del brano, questa volta forte, all'unisono e vistosamente prolungato, causa volutamente una rottura nell'equilibrio del brano che non cessa di ricordarmi (non nella somiglianza esteriore, ma nella sua funzione estetica) il parossistico e provocatorio finale del primo movimento dell'ottava sinfonia di Beethoven.

A psychoanalytic reading of Cherubini's string quartets

"On classicist paroxysm," one could subtitle Cherubini's quartets. The closest stylistic world to them is the hyperclassicism of Beethoven's Eighth Symphony: the claim to fit incandescent poetic matter into paradigms of formal balance.

Una lettura psicoanalitica dei quartetti per archi di Cherubini

"Del parossismo classicistico", si potrebbero sottotitolare i quartetti di Cherubini. Il mondo stilistico ad essi più vicino è l'iperclassicismo dell'ottava sinfonia di Beethoven: la pretesa di far rientrare in paradigmi di equilibrio formale una materia poetica incandescente.

"Da una casa di morti" di Janacek

Con quest'opera, il cui mondo poetico e sonoro è vicino a quello di Wozzeck di Alban Berg, Janacek propone di fatto un'alternativa non atonale all'espressionismo della seconda scuola di Vienna. La potenza drammatica e la carica di denuncia sociale sono simili, nei due lavori dei due Autori. La carica drammatica viene raggiunta maggiormente a mezzo delle stridenti dissonanze nell'opera di Berg, mentre qui si perviene ad analogo effetto con la concitazione ritmica.

"From the House of the Dead" by Janacek

With this work, whose poetic and sound world is close to that of Alban Berg's Wozzeck , Janacek proposes a non-atonal alternative to the expressionism of the second Viennese school. The dramatic power and the charge of social denunciation are similar in the two Authors' works. In Berg's work, the dramatic charge is reached more by means of the strident dissonances, while here a similar effect is achieved through the rhythmic excitement.

Review of an imaginary concert event

On a beautiful sunny afternoon today, on the towpath of the Naviglio Grande in Milan, perhaps the most beautiful concert of the season was held by the Bli Ble String Quartet from Baltimore (US). They performed Janacek's memorable second quartet ("the highest peak of twentieth-century quartetism", according to Algesio Erbi, cfr. my previous post ) and Schumann's first quartet, with a culural journey back in time that highlighted the disconcerting beauty of the adagio of this second work, as enveloped in all the metaphysical, intimist aura of Schumann's poetic world. Speechless, the audience walked away without applauding, in almost religious silence, not to disturb the harmony that had been created at the end of the concert.

Recensione di un evento concertistico immaginario

In un bel pomeriggio di sole si è tenuto oggi sull'alzaia del naviglio grande, a Milano, il concerto forse più bello della stagione del Bli Ble String Quartet di Baltimora (US). Si è eseguito il memorabile secondo quartetto di Janacek ("la vetta più alta del quartettismo novecentesco", secondo Algesio Erbi, cfr. il mio post precedente ) e il primo quartetto di Schumann, con un percorso culturale all'indietro nel tempo che ha messo in risalto la sconcertante bellezza dell'adagio di questa seconda opera, come avvolto in tutta la metafisica, intimistica aura del mondo poetico schumanniano. Ammutolito, il pubblico si è allontanato senza applaudire, in quasi religioso silenzio, per non turbare l'armonia che si era creata a fine concerto.

Review of the imaginary Great Universal History of the String Quartet

This important, imposing, powerful and ponderous work (more than two thousand pages divided into six tomes of encyclopedic format, published by Qp Editore) represents perhaps the highest peak of musicological research of the great Algesio Erbi. It is impossible to list here the merits with completeness of detail, the particular, incisive operations of research and rediscovery transfused therein. We limit ourselves to pointing out only a few of the many merits of the work. Starting from the origins of the string quartet as a form of entertainment, explored down to the smallest details, the author rightly (and how could it be otherwise?) finds its roots in Haydn, with particular emphasis on the too often neglected Op. 9, so pervaded with tensions in pure Empfindsamer Stil , not forgetting the contemporary production of Boccherini, too often left in the shadows or the object of only generic praise and lacking in detailed analysis. On the subject of national schools, it is worth rememberin

Recensione della immaginaria Grande storia universale del quartetto d'archi

Questa importante, imponente, poderosa e ponderosa opera (più di duemila pagine suddivise in sei tomi di formato enciclopedico, edita da Qp Editore) rappresenta forse la vetta più alta delle ricerche musicologiche del grande Algesio Erbi. Impossibile elencarne qui i meriti con completezza di dettaglio, le particolari, incisive operazioni di ricerca e riscoperta ivi trasfuse. Ci limitiamo a segnalare soltanto alcuni dei numerosi pregi dell'opera. Partendo dalle origini del quartetto d'archi come divertimento, scandagliate fin nei minimi dettagli, l'Autore ne ritrova giustamente (e come potrebbe essere altrimenti?) le radici in Haydn, con particolare accento sulla troppe volte trascurata Op. 9, così pervasa di tensioni in puro Empfindsamer Stil , non tralasciando né la coeva produzione del Boccherini, troppe volte rimasta nell'ombra o oggetto di elogi soltanto generici e privi di analisi dettagliate, né la ancor più misconosciuta produzione quartettistica di Vincenzo Manf

Un confronto incrociato tra le esecuzioni del primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms (Pollini 1980 e Gould) e del secondo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms (Pollini 1977 e Zimerman-Bernstein)

 Impareggiabile per stile epico il primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms di Gould, ma ugualmente mitologica l'esecuzione di Pollini 1980, sempre nel primo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms, all'enunciazione del secondo tema da parte del pianoforte. Indubbio cavallo di battaglia di Pollini il secondo concerto per pianoforte e orchestra di Brahms (1977), ma, nel terzo movimento, Abbado adotta un andamento più lento rispetto all'esecuzione di Bernstein-Zimermann. In particolare, l'apertura del violoncello solista nel terzo movimento sembra più convincente nell'edizione dei Wiener con Bernstein, rispetto a quella dei Wiener con Abbado (1977).

Ultimo movimento del quartetto, Op. 32, n. 5 di Luigi Boccherini

In un movimento che assomiglia a un moto perpetuo, ma che è in forma sonata, con un classicissimo sviluppo nella parte centrale, la particolarità maggiore sta nel fatto che l'inizio del movimento stesso presenta, a mo' di risposta in un dialogo già avviato, la seconda metà del tema principale, che viene invece esposto  dall'inizio solamente un poco più avanti, nella sua interezza.  Come un dialogo, asimmetrico, pre-classico ed in perfetto Empfindsamer Stil, nonostante risalga probabilmente al 1780, già epoca aurea dello stile classico, secondo la classificazione di William S. Newman ( The Sonata in the Classical Era,  University of North Carolina Press, 1963).

Larghetto del quartetto in La maggiore, Op. 32, n. 4 di Luigi Boccherini

 Se è vero, come accennato da Dahlhaus ( Carl Dahlhaus, Beethoven e il suo tempo, Torino, EDT,  1990, p. 91, Tit. Orig. Ludwig van Beethoven und Seine Zeit, 1987, Laaber-Verlag, Laaber), che il movimento lento della sonata o del quartetto assume centralità nello Stile Sensibile (laddove nella sinfonia classica tale centralità l'assumerà l'allegro), anche come svincolo della musica strumentale da quella vocale con l'assunzione del ruolo - da parte della musica strumentale - di "musica assoluta" (ruolo che sarà fatto proprio dai romantici), allora l'accusa di frivolezza mossa a Boccherini da Charles Rosen nel suo Stile classico  (Milano, Feltrinelli, 1982, Tit. Orig.: The Classical Style, The Viking Press, New York, 1971; prima edizione italiana, 1979, Milano, Feltrinelli) - (Cfr. le definizioni della sua musica come "blanda e perfino anodina", p. 53 e, sui quintetti, la definizione di "brani piacevoli, ma scialbi", p. 306) è confutata da bra

Ludwig Tieck e la musica strumentale

 "Autonoma e libera", contrapposta a quella vocale che "è e rimane declamazione oratoria, per quanto sublimata" ( cit. in Carl Dahlhaus, Beethoven e il suo tempo, Torino, EDT,  1990, p. 78, Tit. Orig. Ludwig van Beethoven und Seine Zeit, 1987, Laaber-Verlag, Laaber). Liberi dal significato, in quanto ogni cosa diventa significante ed allude ad altro, ad un "altro" indefinito. E così all'infinito, con rimandi all'infinito: poesia o metafisica? O entrambe?

Ultimo movimento del quartetto Op. 46, n. 4 di Boccherini

 La perfetta manifestazione dello stile Sturm und Drang . Più in generale, la facilità di passaggio da uno stile di una serenità rarefatta a momenti di melos malinconico e drammatico dimostra la compartecipazione del Boccherini quartettista allo stile sensibile.

Storia degli stili musicali attraverso le epoche oppure attraverso le singole opere dei vari autori

 Nei suoi Fondamenti di storiografia musicale (Tit. Orig.:  Grundlagen der Musikgeschichte , Koln, Arno Volk Verlag Hans Gerig K.G., 1977; tr. it., 1980, Discanto Edizioni, Fiesole), Carl Dahlhaus pone la questione di cui all'oggetto. Nell'ambito delle sue articolate argomentazioni, trovo di particolare interesse lo spunto in cui Dahlhaus pone come un problema la sussistenza di stili attraverso le epoche (e i vari pregiudizi connessi a tale fondamento storiografico) o, per contro, la sussistenza solamente di stili all'interno delle singole opere o comunque caratterizzanti i singoli autori, senza che questi stili siano comuni a vari autori o costituiscano tratti specifici di un'epoca. Uno dei tantissimi esempi calzanti in merito a tale questione potrebbe essere rilevato a proposito dello stile sensibile o sentimentale che pure Dahlhaus cita all'interno di tale saggio (cap. 2: "Storicità e carattere artistico", p. 25). Mi riferisco per esempio al fatto che

La nascita della suddivisione in movimenti di sonate e concerti

In un'ipotetica e fantasiosa (ma non troppo) ricostruzione storica, già in epoca barocca le sonate e i concerti per uno o più strumenti, nella loro suddivisione in movimenti con caratteri diversi tra loro, possono essere nati come trascrizione delle arie delle opere, che avevano carattere drammatico alcune (primo movimento), cantabile altre (secondo movimento), di bravura, o virtuosistiche altre ancora (ultimo movimento). Così afferma, per esempio, William S. Newmann in The sonata in the Baroque era , Chaper Hill, The University of North Carolina Press, 1959, p. 29, a proposito delle sonate di Handel e Steffani. I tipi di arie erano peraltro nel '700 molto numerosi e dettagliati, come attestato da Roberto Zanetti, ("La musica italiana nel settecento", in  Storia della musica italiana da Sant'Ambrogio a noi , tomo primo, p. 335, nota). Tali trascrizioni strumentali della musica vocale avrebbero avuto la stessa funzione del disco, cioè di permettere di suonare - e c

Quartetto per archi n. 1 in re maggiore di Dittersdorf

 Raccoglie - pur essendo scritto in modo maggiore (ma con molte modulazioni che vi alternano il modo minore) - l'eredità del primo movimento del quartetto Op. 9, n. 4 di Haydn, in modo minore (quella fervida aria di Empfindsamer Stil), lungo una direttrice che punta dritto al romanticismo e che porta fino ai quartetti di Schubert, autore in cui l'alternanza di modo maggiore e minore si fa strutturale.

Dalle arie cantabili al romanticismo musicale

 Anna Amalie Abert, alle pp. 36-38 del capitolo "L'opera italiana", in Storia della Musica, L'età dell'illuminismo , The New Oxford History of Music, vol. VII, Milano, Garzanti, 1991 (edizione originale: Oxford University Press, 1973. Prima edizione italiana: Milano, Feltrinelli, 1976), identifica tre tipi di arie: cantabile, parlante e di bravura. E' possibile che il romanticismo musicale sia sorto e si sia sviluppato come una costola dalle arie cantabili, con la mescolanza e l'aggiunta, o meglio la contrapposizione e la risoluzione del conflitto, delle arie parlanti. E che l' Empfindsamer Stil (stile sensibile o sentimentale che preferirei identificare con preromanticismo o proto-romanticismo) costituisca la costola della sola aria cantabile.

Il clima affettivo/mondo espressivo dei quartetti di Haydn

 Vanno ascoltati come un'unica pagina di un interminabile romanzo musicale (al pari di tutti i concerti per pianoforte di Mozart e di tutte le sinfonie di Beethoven), come Borges riteneva andassero concepite le opere letterarie, cioè come parte di un unica immensa opera. Perché amplificarne analiticamente le differenze stilistiche tra un'opera e l'altra, come fa Charles Rosen nel suo Stile classico ( passim ), in cui cita a malapena l'Opera 9 - e di sfuggita, senza soffermarvisi - perché trova che vi sia notevole differenza tra le composizioni degli anni '60 del diciottesimo secolo (a proposito delle quali usa il termine "stranezza" a pagina 63 e, altrove, "confusione" e "manierismo") e quelle dagli anni '70 in poi, significa non rendere ragione del clima complessivo e del mondo espressivo, dell'universo estetico che essi esprimono.

La coda dell'ultimo movimento del quartetto per archi Op. 33, n. 4 di Haydn

 Il concetto di coda come qualcosa di avulso che chiude e stupisce, quasi un gesto di metateatro, oppure dicasi meta-affettivo, semmai ci fosse bisogno di coniare neologismi.

3 Chopin

 1) Quello dal fraseggio impeccabile e dal tocco sublime di Pollini, cerebrale e mai svenevole (Studi e Scherzi le sue prove migliori); 2) quello rapsodico, quotidiano, al tempo stesso giocoso e malinconico, agogicamente interessante di Askenazi nelle Mazurke; 3) quello soavissimo della Joa Pires nei notturni.

La sonata per piano n. 2 di Chopin di Pollini, 1984

 Pervasa da una frenesia novecentesca, per cui risulta di qualità attuale e umana.

Il manierismo di Michelangeli

 Nel manierismo di Michelangeli, la bellezza dell'esecuzione conta molto di più della bellezza del brano. Molto spesso (come avviene anche in Rampal ed in alcuni altri virtuosi del proprio strumento), Michelangeli suona molto meglio di quanto il brano che sta eseguendo meriti. Spingendosi ancora oltre nel tentativo di una definizione filosofica del manierismo interpretativo, si potrebbe anche affermare che nel manierismo non conta neanche l'ortodossia o l'originalità dell'interpretazione stessa, ma bensì la perfezione dell'involucro, dell'incartamento o impiattamento, ossia dell'esecuzione. La perfezione dell'esecuzione si fa evocazione di un mondo poetico essa stessa, non un è un mezzo per il raggiungimento di un fine estetico altro da sé.

Due (tre) cadenze

La cadenza del primo movimento del concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle maggiore (Ciccolini/Scimone, 1986) di Salieri e la cadenza del terzo movimento del concerto per clavicembalo e archi in sol maggiore (Farina/Scimone, 1977) di Galuppi sono accomunate dal ritardo parossistico della conclusione che a sua volta le apparenta entrambe alla cadenza del primo movimento del quinto concerto brandeburghese di J.S. Bach, come esempi di nevrosi integrata al sistema.

Direttori d'orchestra dell'era toscaniniana o post-toscaniniana

 De Sabata, Gavazzeni, Gui, Votto, (Muti).

"Poverina, tutto 'l dì", da "La Cecchina" di Piccinni Vs. "L'ho perduta, me meschina" dalle "Nozze di Figaro" di Mozart

 Evidente nella melica, nel modo minore, nell'intervallistica, nel ritmo ternario l'analogia tra le due arie delle due opere dei due Autori (oltreché tra i due personaggi: Sandrina e Barbarina). Sorge la domanda: chi dei due Autori si ispirò all'altro? Data la cronologia (1759 l'opera del Piccinni, 1785 l'opera di Mozart), fu Mozart che (probabilmente) si ispirò al brano di Piccinni. Quale il più bello? Difficile scegliere. Più conciso il salisburghese, più sentito il barese di scuola napoletana. (Cfr. Stefano Castelvecchi:  'Sentimentale e anti-sentimentale in  Le nozze di Figaro ',  Journal of the American Musicological Society  , 53/1 - primavera 2000 - pp. 13-14 e passim ).

Il valore estetico dell'opera di Mercadante

 Se si ascoltano le sue opere come esercizi di stile sui luoghi comuni della lirica (una sorta di manierismo, spesso molto gradevole e molto melodico), ed eccettuate le prove di forza vocali (che corrispondono all'esigenza per me incomprensibile di fare a gara a chi  urla di più), la produzione di Saverio Mercadante assume dignità di capolavoro (o, che è ancora più interessante, di simulazione di capolavoro).

Fase terza

Riassumendo del tutto liberamente il pensiero espresso da Mario Bortolotto nel suo Fase seconda , la musica contemporanea mostra il suo tratto distintivo nel "tempo liberato", ossia nel non avere un ritmo o comunque un ritmo non regolare, simboli dell'imborghesimento o addirittura della "sozzura dell'umano". Di "incretinimento" parlava Nono, a proposito della musica pop e rock, considerata commerciale. Si può notare tale linea di pensiero di Nono, per esempio, nel dialogo con i ragazzi in uno dei concerti gratuiti tenuti da Abbado e Pollini negli anni '70 del '900 ( https://www.youtube.com/watch?v=f4etOJ7Thag , minuto 37). Invece il ritmo, ossia l'organizzazione del tempo - anche con tenuta metronomica, ossia minuziosa, della regolarità agogica - ha continuato ad avere importanza. Erano i compositori di musica seria del '900 (ma non tutti e non in ogni brano) a sognare una musica senza scansione ritmica regolare, ma la pretesa non h

Le origini della scuola napoletana (2)

 Nicola Porpora

Varie

Immagine
 

Le origini della scuola napoletana

Immagine
 

Diverse interpretazioni del primo movimento della quarta sinfonia di Brahms

Immagine

Lo stile dei quartetti di Haydn nel tempo

Immagine
 

Quartetti di Haydn in stile Sturm und Drang

Immagine
 

Composero nell'Empfindsamer Stil

Immagine
 

Memorie di Parigi

Immagine
 

Cronologia degli stili musicali

Immagine

Handel e l'interpretazione dell'estetica musicale e vocale

Immagine
  Nei molti bei saggi di ascendenza squisitamente filosofico-teoretica sull'estetica dell'interpretazione, che l'autore tratta commentando vari autori che ne hanno scritto, proponendo una prospettiva storica per dipanarne i molti temi, non sarebbe spregevole rammentare, quale postilla decisiva per la questione delle origini del bello, nell'interpretazione, nella collaborazione e contesa tra musica vocale e musica strumentale, il fatto che, per esempio in Handel, ma in molti altri autori, lo stesso brano viene riproposto sia per strumento solista e accompagnamento, sia per voce e accompagnamento, prova evidente, questa, che perlomeno alcuni brani strumentali sono pensati anche per il canto e che alcuni brani vocali sono godibili anche solo per la loro melodia, aldilà del testo.

Vespro della Beata Vergine

Immagine
 

Tempora pacis

Immagine
 

Elektra disc 1

Immagine
Arie femminili di un romanticismo generoso, in un'interpretazione di ampio e piano respiro lirico, come sovente in Solti.  

Sonata di Franck

Immagine
Nell'ambito di un'incisione per lunghi tratti elegantemente impreziosita da un suono bello e da una precisa scansione ritmica, sembra che sfugga agli interpreti il fatto che, con questa sonata, siamo di fronte al non plus ultra del romanticismo cameristico. Troppa sobrietà rischia di apparire pedantescamente scolastica: andarsi a risentire le interpretazioni di Perlman/Ashkenazy, di Galway/Argherich e di Oistrakh/Richter.  

Fauré, musiche per violoncello e piano

Immagine
Sacrosanta gradevolezza di Fauré, con punte miracolosamente commoventi. Eccellente l'interpretazione dell'Elegia; elegantissima, ma a tratti un po' troppo sobria quella degli altri brani.  

Disc 1

Immagine
Terrificante. Sgradevole come Nono, ma senza il suo impegno di denuncia, inaudito e vortuosistico come Boulez, ma senza la sua giocosità. Non immemore di aspetti misterici, come lo Scriabin di Mysterium.  

Capriccio per violino e orchestra di Penderecki

Immagine
Strepitoso per potenza, virtuosismo baroccheggiante e ispirazione dai rumori, come in Boulez, per sgradevolezza, come in Maderna, con in più una vena narrativa in cui le forme classiche vengono preservate. Il concerto per piano si aggrega invece in modo più netto alla corrente romantico-melodica russa che va da Tchaikovsky a Prokofiev, da Shostakovich a Khachaturian.  

Sinfonia funebre e trionfale di Berlioz

Immagine
Strepitoso brano e strepitosa orchestra: scansione metrica precisa, suono curato nel dettaglio.  

Concerto per piano di Petrassi

Immagine
Squarci di franco romanticismo, con echi di Shostakovich e di Prokofiev, in questo bellissimo concerto.

Concerto per flauto di Petrassi

Immagine
Perché dovrebbe essere più interessante la musica per flauto e orchestra di Jolivet, spesso suonata e promossa da Rampal, di quella di Petrassi?  

Abbado Pollini Bartok

Immagine
Sempre l'amore per l'aura culturale, per il suonare bene e per il bel suono: loro due sempre. Anche nel barbarico Bartok.  

Canti di prigionia

Immagine
Bellissmo, aereo, angelico, divino. Sarebbe interessante approfondire la storia delle composizioni create, come questa, sul motivo melodico della sequenza medievale del Dies Irae (Berlioz, Liszt, Mahler, Rachmaninov...), così come di tutte quelle create sul motivo della danza portoghese della Folia.  

Ulisse di Dallapicola

Immagine
Echi dei lieder di Mahler e di Wagner, oltreché del primo Schoenberg e del Berg di Wozzeck, in questo nobilissimo e pregiato capolavoro di Dallapicola.  

A Pierre, di Nono

Immagine
Estatico e straniante, più della Fabbrica illuminata. Grandioso.  

Omaggio a Vedova

Immagine
Brano bello, breve, geniale.  

Ancora Notations

Immagine
Altrove ho scritto, e ribadisco, che la dimensione prevalente in Boulez è l'antipsicologismo, ma ciò non esclude l'aspetto edonistico della sua musica, ciò che è invece estraneo alla musica di Nono, in cui l'edonismo è assente per principio.  

Il Prometeo di Nono

Immagine
Echi di Schoenberg e di Berio in questa vasta opera vocale e strumentale di Nono, in cui l'edonismo è bandito (sull'"anedonia di Nono, cfr. Mario Bortolotto, Fase seconda, p. 104).  

La lontananza nostalgica utopica futura

Immagine
Giustamente Nono ci ricorda che non si può e non ha senso ed è un peccato ignorare la lezione dell'espressionismo. Agghiacciante, ma umanissimo.  

Explosante fixe

Immagine
Così come in Bruckner vi sono i suoni del mondo della natura e della foresta, senza l'uomo, così in Boulez ci sono i suoni della città, senza l'uomo.  

Notations

Immagine
Ribadisco qui quanto affermato altrove: la forza della musica di Boulez sta nell'anti-psicologismo, cioè nella negazione della dimensione affettiva.  

REPONS

Immagine
Bello il pedale con ritmo serrato e sirena della nave, che ricorda i concerti per piano di Prokofiev.  

Beethoven, Gulda, concerto per pianoforte n. 4

Immagine
Un modo per sconfiggere la noia è affrontare Beethoven in modo libero da schemi e pregiudizi, in modo sommamente antiretorico. Mettersi nell'ottica di non aspettarsi niente da Beethoven e di non volergli fare dimostrare niente significa mettersi sulla stessa lunghezza d'onda di Gulda.  

Boulez, sonate per piano

Immagine
Sorprendentemente intime, quasi romantiche.  

Le Marteau sans maitre

Immagine
Un capolavoro tra i più significativi di Boulez. Molta contaminazione dei generi, tra Webern e Stravinskij e musica caraibica, ma anche molta intimità.  

REPONS

Immagine
  Meraviglioso CD targato IRCAM per un'opera di valore gigantesco. Vi risuona, a vario titolo e in numerose fogge, il '900 stesso.

Domaines

Immagine
La musica di Boulez ha una consistenza algida e spettrale che la rende unica. Ha la più alta qualità antipsicologica anche nell'ambito degli autori di musica contemporanea.  

Bruno Maderna, serenata per un satellite

Immagine
  La seconda parte, con il moto perpetuo in stile quasi caraibico rappresenta una delle pagine più geniali.

Maderna, quartetto per archi

Immagine
L'omogeneità del suono degli archi, unitamente ad un'escursione dinamica relativamente moderata o quanto meno tollerabile, fanno di tale brano un'opera meravigliosamente armoniosa.  

Maderna, concerto per oboe n.3

Immagine
Scomodo come una scarpa stretta, inquietante, schizofreniforme, molto basato sul passaggio dal pianissimo al fortissimo, pare una sedia coi chiodi.  

Maderna, musica elettronica

Immagine
Agghiacciante e cacofonico. L'addio all'eufonia, alla melodia, al suono. L'organizzazione del rumore in funzione di sgradevolezza, di agguato all'udito. Scomodo, inquietante.  

Pli selon pli

Immagine
Proteggere l'intimità tramite la sgradevolezza: piacevolmente elitario e snob.   

Dialogue de l'ombre double

Immagine
Incredibile il fascino da "esame audiometrico" dell'inizio. Molto belli i passaggi in cui il suono transita in continuazione dall'orecchio destro a quello sinistro e viceversa.  

Il gran rifiuto

Immagine
Ho sempre pensato che vi fosse qualcosa di più di una semplice serie di circostanze, se il più grande flautista del mondo, francese, si rifiuta di suonare una composizione per flauto a lui specificamente dedicata da parte del più grande compositore francese di musica contemporanea. Escluso che l'allergia riguardasse lo stile contemporaneo (Jolivet lo era altrettanto ed era amato da Rampal), la spiegazione non può che essere la più assoluta, algida cerebralità della sonatina: con la sua musica Boulez riesce nell'intento di annientare la cantabilità e il sentimentalismo, valori troppo cari a Rampal perché egli potesse rinunciarvi.  

Webern, Passacaglia Op. 1

Immagine
  Funzione elegiaca a protezione del romanticismo. Ancora postwagneriano, ma già sufficientemente criptico, involuto, per garantire l'effetto password, codice segreto.

Retorica alta

Immagine
Celibidache è maestro di retorica alta, di tensione crescente, culmine e discesa. Con un suono, quello dei Munchner, da fare impallidire gli odierni Wiener e Berliner.  

Bruckner, nona sinfonia, Celibidache, Orchestra filarmonica di Monaco

Immagine
Ci voleva proprio una musica di ampio respiro, voce a tratti rassicurante, a tratti inquietante della natura, ma sempre universalistica, dopo l'ascolto del repertorio completo per flauto registrato da Rampal. Così come, a breve, ci sarà bisogno della cerebrale, novecentesca, impietosa e algida cacofonia di Boulez.  

Potpourri di Giuliani

Immagine
Quale diversa attitudine noto, proprio in questi giorni in cui finivo di ascoltare l'integrale delle registrazioni di Rampal per l'Erato, in questa flautista che ha un atteggiamento opposto al grande flautista francese, tanto quello è estroverso e propenso al do di petto, questa invece è interiore e propende all'intimità anche in un autore come Giuliani che pure, al pari di Mercadante, ruota nell'orbita di un registro stilistico rossiniano che potrebbe apparire ad alcuni fin troppo semplice e "bandistico". Regge al confronto anche il grande duo concertante (altrimenti denominato "Grande sonata"), op. 85, del quale pure Rampal ha lasciato su vinile un'interpretazione memorabile che ancora non è ancora stata riedita su CD.  

Enchanted Shankar

Immagine
Quello che si ode dal flauto nel brano 15 (e nel brano 16 con riferimento allo staccato) è assolutamente incredibile e testimonia di una maestria tecnica che costituisce arte essa stessa: come spesso avviene in Rampal, la sua arte è superiore a quella dei brani che suona.  

Haydn levigato

Immagine
Un CD dal suono perfetto, in cui però si fa mancare ad Haydn la sua profondità estatica e metafisica, girando la giostra a vuoto.