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Leitmotiv

Uno si aspetterebbe che i leitmotiv (melodie associate ai personaggi di un'opera o a simboli e situazioni ricorrenti nell'opera stessa) fossero un'invenzione di Wagner, quindi della seconda metà dell''800 e invece no, risalgono perlomeno all' Eumelio di Agostino Agazzari, del 1606, come sembrerebbe evincersi da ciò che afferma Flavio Testi alle pp. 126-127 del primo dei due tomi dedicati al '600 della Storia della musica italiana da S. Ambrogio a noi ( La musica italiana nel Seicento , Ed. Bramante, 1972), nel riportare una descrizione del fenomeno (melodie associate ai personaggi) di Nino Pirrotta, alla voce "Agazzari" dell' Enciclopedia dello spettacolo (Roma, 1954).

La verità all'indietro

Come nel caso di Schoenberg che probabilmente inventò la dodecafonia per proteggere il nucleo romantico della sua musica dalla possibile somiglianza della sua musica e della musica in generale con gli orrori della musica di propaganda (in quanto il linguaggio della musica orecchiabile era stato completamente strumentalizzato e asservito, occorreva inventare una musica incomprensibile), così Scriabin (analogamente in fuga dallo schietto linguaggio romantico per motivi che dal punto di vista storico musicale non sono altrettanto chiari) passò presto da un linguaggio romantico a un involuto linguaggio misticheggiante che troviamo in molte delle sue opere mature e tarde per pianoforte e anche nell'indimenticabile  Poema dell'estasi e nell'incompiuto  Mysterium  (quest'ultimo è un vero e proprio affascinante e delirante pasticcio). Per entrambi gli Autori potremmo affermare che la verità si trova all'indietro, in quanto alcune tra le prime loro opere mostrano sincera...

Due parole sugli Studi di esecuzione trascendentale S139 di Liszt (Arrau 1974/1976)

Si delinea qui un progetto culturale in qualche modo analogo e affine a quello messo in atto da Pollini con Chopin a partire dalla sua incisione degli Studi Op. 10 e Op. 25 del 1972 e cioè l'approfondimento dell'Autore e la sua elevazione al rango dei grandissimi. In particolare colpisce, di Arrau, l'interpretazione degli studi n. 9, 10, 11 e 12, come se vi fosse un crescendo di profondità dal primo all'ultimo studio della serie, con un incremento esponenziale negli ultimi.

Le riduzioni per pianoforte di alcuni brani di Wagner da parte di Glenn Gould

Riduzione di che cosa? Della monumentalità. Riduzione della monumentalità oscura e sua trasformazione in limpido intimismo estetico, fruibile ad uso domestico. Tale appare l'operazione effettuata da Gould come trascrittore e interprete del preludio del primo atto dei Maestri cantori di Norimberga  e di brani del Crepuscolo degli dei  di Wagner.

Chopinizzazione di Liszt

 Poiché Liszt ha scritto centinaia di brani diversi e ha attraversato diverse fasi creative, a seconda del tipo di programma scelto dall'esecutore viene fornita un'interpretazione e una versione culturale completamente diversa di questo Autore. Nel caso delle incisioni di Lilia Zilberstein 1996, di Valentina Lisitsa 2013, nonché, in parte, di Khatia Buniatishvili 2011, vengono fornite interpretazioni di Liszt, tramite la scelta del programma offerto, che oscillano tra il religioso e il salottiero, escludendo in parte il Liszt più d'avanguardia (ricercatore) o quello più inquietante (del parossismo stilistico e virtuosistico). Sembra quasi che prevalga, nella scelta dei programmi di cui sopra (l'importanza della scelta dei brani, ossia del programma, per la storia della cultura, è fuori discussione, cfr., p.es., di Piero Rattalino ,  Piano recital: l'evoluzione del gusto musicale attraverso la storia del programma da concerto , 1992)  una visione personale di tip...

Liszt: Berceuse (seconda versione) S174b/R57b

 In brani come questo di Liszt (come anche in alcune delle migliori pagine di Scriabin), si intravvede per un istante la presa di possesso dell'inconcepibile e la sua espressione.

Schubert: Impromptu n. 1 per pianoforte in do minore, D 899 (Op. 90)

Così Glenn Gould su Schubert: "...anche se a molti sembrerà un'eresia, sono ben lungi dall'essere un patito di Schubert e faccio fatica ad abituarmi alle strutture ripetitive tipiche di gran parte della sua musica; l'idea di dover star fermo ad ascoltare i suoi interminabili tentativi mi irrita spaventosamente, è una tortura". (in No, non sono un eccentrico, Torino, EDT, 1989, p. 117; tit. Orig.: Non, je ne suis pas du tout un excentrique, 1986, Librairie Artheme Fayard ; da " Week-end Magazine ", 1956 ). Devo dire che, da profano del pianoforte, concordo con tale giudizio, con particolare, ma non esclusivo riguardo per la musica pianistica (suppongo che il giudizio di Gould si estendesse all'intera musica di Schubert, che del resto in molti luoghi presenta le caratteristiche sopra descritte). Ciò premesso (e aggiungerei anche, quali motivi di disagio per l'ascoltatore di Schubert, il suo continuo utilizzo del contrasto tra piano  e forte  e dell...