Post

Storia degli stili musicali attraverso le epoche oppure attraverso le singole opere dei vari autori

Nei suoi Fondamenti di storiografia musicale (Tit. Orig.:  Grundlagen der Musikgeschichte , Koln, Arno Volk Verlag Hans Gerig K.G., 1977; tr. it., 1980, Discanto Edizioni, Fiesole), Carl Dahlhaus pone la questione di cui all'oggetto. Nell'ambito delle sue articolate argomentazioni, trovo di particolare interesse lo spunto in cui Dahlhaus pone come un problema la sussistenza di stili attraverso le epoche (e i vari pregiudizi connessi a tale fondamento storiografico) o, per contro, la sussistenza solamente di stili all'interno delle singole opere o comunque caratterizzanti i singoli autori, senza che questi stili siano comuni a vari autori o costituiscano tratti specifici di un'epoca. Uno dei tantissimi esempi calzanti in merito a tale questione potrebbe essere rilevato a proposito dello stile sensibile o sentimentale che pure Dahlhaus cita all'interno di tale saggio (cap. 2: "Storicità e carattere artistico", p. 25). Mi riferisco per esempio al fatto che a...

La nascita della suddivisione in movimenti di sonate e concerti

In un'ipotetica e fantasiosa (ma non troppo) ricostruzione storica, già in epoca barocca le sonate e i concerti per uno o più strumenti, nella loro suddivisione in movimenti con caratteri diversi tra loro, possono essere nati come trascrizione delle arie delle opere, che avevano carattere drammatico alcune (primo movimento), cantabile altre (secondo movimento), di bravura, o virtuosistiche altre ancora (ultimo movimento). Così afferma, per esempio, William S. Newmann in The sonata in the Baroque era , Chaper Hill, The University of North Carolina Press, 1959, p. 29, a proposito delle sonate di Handel e Steffani. I tipi di arie erano peraltro nel '700 molto numerosi e dettagliati, come attestato da Roberto Zanetti, ("La musica italiana nel settecento", in  Storia della musica italiana da Sant'Ambrogio a noi , tomo primo, p. 335, nota). Tali trascrizioni strumentali della musica vocale avrebbero avuto la stessa funzione del disco, cioè di permettere di suonare - e c...

Quartetto per archi n. 1 in re maggiore di Dittersdorf

 Raccoglie - pur essendo scritto in modo maggiore (ma con molte modulazioni che vi alternano il modo minore) - l'eredità del primo movimento del quartetto Op. 9, n. 4 di Haydn, in modo minore (quella fervida aria di Empfindsamer Stil), lungo una direttrice che punta dritto al romanticismo e che porta fino ai quartetti di Schubert, autore in cui l'alternanza di modo maggiore e minore si fa strutturale.

Dalle arie cantabili al romanticismo musicale

Anna Amalie Abert, alle pp. 36-38 del capitolo "L'opera italiana", in Storia della Musica, L'età dell'illuminismo , The New Oxford History of Music, vol. VII, Milano, Garzanti, 1991 (edizione originale: Oxford University Press, 1973. Prima edizione italiana: Milano, Feltrinelli, 1976), identifica tre tipi di arie: cantabile, parlante e di bravura. E' possibile che il romanticismo musicale sia sorto e si sia sviluppato come una costola dalle arie cantabili, con la mescolanza e l'aggiunta, o meglio la contrapposizione e la risoluzione del conflitto, delle arie parlanti. E che l' Empfindsamer Stil (stile sensibile o sentimentale che preferirei identificare con preromanticismo o proto-romanticismo) costituisca la costola della sola aria cantabile.

Il clima affettivo/mondo espressivo dei quartetti di Haydn

 Vanno ascoltati come un'unica pagina di un interminabile romanzo musicale (al pari di tutti i concerti per pianoforte di Mozart e di tutte le sinfonie di Beethoven), come Borges riteneva andassero concepite le opere letterarie, cioè come parte di un unica immensa opera. Perché amplificarne analiticamente le differenze stilistiche tra un'opera e l'altra, come fa Charles Rosen nel suo Stile classico ( passim ), in cui cita a malapena l'Opera 9 - e di sfuggita, senza soffermarvisi - perché trova che vi sia notevole differenza tra le composizioni degli anni '60 del diciottesimo secolo (a proposito delle quali usa il termine "stranezza" a pagina 63 e, altrove, "confusione" e "manierismo") e quelle dagli anni '70 in poi, significa non rendere ragione del clima complessivo e del mondo espressivo, dell'universo estetico che essi esprimono.

La coda dell'ultimo movimento del quartetto per archi Op. 33, n. 4 di Haydn

 Il concetto di coda come qualcosa di avulso che chiude e stupisce, quasi un gesto di metateatro, oppure dicasi meta-affettivo, semmai ci fosse bisogno di coniare neologismi.

3 Chopin

 1) Quello dal fraseggio impeccabile e dal tocco sublime di Pollini, cerebrale e mai svenevole (Studi e Scherzi le sue prove migliori); 2) quello rapsodico, quotidiano, al tempo stesso giocoso e malinconico, agogicamente interessante di Ashkenazy nelle Mazurke; 3) quello soavissimo della Joao Pires nei notturni.